martedì 26 novembre 2013

Una fotografia scritta dal nostro P. Ambrogio sulla situazione nel Kossovo e spiegata senza campanilismi, ma con una obbiettività sincera e amorevole.

Diario dal Kossovo – 26 novembre 2013


Non è la prima volta nella vita che mi sveglio all’annuncio della preghiera islamica, ma l’effetto dell’annuncio (registrato) diffuso dai minareti di Prizren è forte. Quando mi avvio verso la chiesa di san Giorgio per la Divina Liturgia ortodossa, immagino che vedrò la grande moschea di Sinan Pascià, se non frequentata, per lo meno aperta. Ma non è così. Questo mi porta a pensare quanto l’islam, da queste parti, possa essere visto più che altro come un mero fatto di identificazione sociale di persone e di gruppi. Ma non c’è da sopravvalutare l’ingresso sempre più intenso (e intensamente finanziato) del wahabismo saudita nel paese.
Entro nella chiesa di san Giorgio, fatta saltare con il tritolo nel 2004, e oggi ricostruita più robusta di prima (a qualcosa servono pure, i finanzamenti della comunità internazionale), e concelebro alla Liturgia in greco, serbo, slavonico ecclesiastico e. . . italiano. I seminaristi mi riempiono di una certa ammirazione: questa ”cucciolata” di futuri sacerdoti non rappresenta solo la sopravvivenza di un numero di parrocchie, ma anche il tessuto connettivo di un organismo sociale che dimostra un’incredibile capacità di rigenerarsi.
Al termine della funzione, ammiro i locali del complesso del seminario: dopo essere stati ampliati – a partire dalle costruzioni del tardo XIX secolo – nel 1996, hanno subito bombardamenti, abbandono, devastazioni. Ora completamente rinato dal poco rimasto dopo gli incendi del 2004, il seminario ospita 36 seminaristi dai 13 ai 20 anni, divisi in tre classi annuali. Li rivedrò domattina, per tenere loro una lezione. Vedremo pure che cosa possono fare gli ortodossi italiani per facilitare il loro cammino.
Al rientro a Decani, trovo il monastero sotto il primo manto di neve (osservate la foto dal blog del 22 novembre...). Lo spettacolo è affascinante, se visto da un solido edificio monastico riscaldato; un pò meno se visto da un’abitazione di fortuna in un’enclave: i monaci dovranno iniziare da oggi stesso le loro visite ai più bisognosi dei dintorni.
A Decani ho anche la notizia che è finalmente disponibile su YouTube il video realizzato dagli amici italiani del monastero, a proposito della recente festa, che comprende anche una mia piccola comparsa personale:








 
Oggi ho avuto per la prima volta l'occasione di vedere il Kossovo in tutta la sua estensione geografica e sociale, dal nord al sud. Cerco di focalizzarmi su quattro punti del mio viaggio:
1 - Gracanica
In confronto alla frenetica, moderna e sfacciatamente ricca vita di Pristina, la nuova capitale, l'enclave serba di Gracanica (pron. Graciànitsa) sembra bloccata nel passato e nei ricordi, con un gioiello di monastero (patrimonio dell'umanità tutelato dall'UNESCO), una sede episcopale un po' forzata (la vera sede del vescovo del Kossovo era a Prizren, nel sud) e un conglomerato di alcune migliaia di abitanti che nel momento del maggiore bisogno non hanno trovato un punto migliore del monastero per agglomerarsi e per difendere la propria identità e i propri diritti. I lavori pubblici sono frutto degli sforzi della diocesi, che qui deve occuparsi anche di far costruire strade, di far funzionare un ospedale, di offrire speranza a decine di famiglie di profughi che hanno perso tutto e vivono in container... ci sarebbe molto da dire, troppo per una visita tanto breve.
Voglio ricordare un momento curioso della visita all'antica chiesa... tra i cartelli di vari divieti (di abbigliamento scollato, etc.), che capita di vedere in molte chiese, ne spicca uno di divieto di ingresso con armi da fuoco. Chissà come reagirebbero, in Italia, a un simile divieto in evidenza di fronte a una chiesa).
2 - Gazimestan
Anche la torre-ricordo della battaglia di Kosovo Polje fa parte degli edifici vandalizzati nei pogrom del 2004. Qui neppure quattro mura del genere sono indenni dalla furia distruttiva. Mentre guardo l'antica zona della battaglia dalla cima della torre, mi chiedo quanto tempo dovrà ancora passare per vedere la pace dopo secoli di lotta impari, che hanno visto i cristiani sempre in minoranza, sempre costretti a battaglie già perse, sempre disposti a sacrificarsi volontariamente. Anche quando tutto sembra far sperare per il meglio... nelle foto della celebrazione del 1989, si vede un impressionante milione di persone radunato attorno alla torre di Gazimestan (il "luogo degli eroi"). Dove sarà ora, quel milione di persone? Che cosa starà pensando? Mentre osservo e rifletto, turbini di vento portano i primi fiocchi di neve di questa stagione invernale. Speriamo che la neve, che qui cade abbondante, non porti isolamento e disperazione a tanti tra i più poveri e diseredati, privati di un futuro dignitoso da giochi di potere molto più grandi di loro.
3 - Kosovska Mitrovica
Molto più che nelle enclavi nel resto del paese, la situazione del nord del Kossovo riflette i paradossi, i vicoli ciechi dell'umanità e del buon senso che hanno martoriato questa terra. Mitrovica (pron. Mìtrovitsa), come perfetto esempio di "città divisa in se stessa", vede contrapposte, sulle rive del fiume Ibar, la parte sud albanese e musulmana (con l'antico cimitero cristiano ortodosso), e la parte nord serba e cristiana ortodossa (con l'antico cimitero musulmano). La stupidità sembra equamente divisa su entrambe le rive, con bande giovanili che si affrontano quotidianamente a insulti e sassate (e raccontano tutto un mondo di mancanza di visione del futuro da parte dei giovani locali), ma le attitudini generali di rispetto non sono le stesse: il cimitero cristiano al sud subisce profanazioni su base praticamente quotidiana, esaurendo la pazienza dei carabinieri italiani che devono presidiarlo; il cimitero musulmano al nord non ha mai avuto danni.
Si potrebbe aggiungere molto sulla situazione di Mitrovica, e sull'inadeguatezza generale di ogni tentativo di soluzione. Passeggio sul "ponte della discordia", con le sue barricate di sassi e terra erette per bloccare i blindati, le sue postazioni di cecchini da entrambe le parti, il suo posto di guardia di carabinieri stanchi, che ormai intervengono solo nei casi di estrema tensione. Come prevedibile, vengo salutato da una parte e guardato con disprezzo dall'altra: chissà cosa direbbero se sapessero che non faccio parte di nessuno dei due schieramenti, ma ironicamente sono proprio un connazionale di quei carabinieri nel mezzo... o forse chi deve saperlo lo sa, e non spreca tempo e parole con uno straniero che non cambierà nulla della loro situazione. Penso a Belfast, a Gerusalemme, a Nicosia, a tante città divise in due: pittosto che "uno spaccato di una società", qui vedo "una società spaccata". Non sono tanto cretino da pretendere di avere una soluzione in tasca, ma neppure tanto insensibile da dire che non mi compete fare qualcosa. Le impressioni di questa visita - e la ricerca di un'uscita da questo caos - mi accompagneranno a lungo.
4 - Prizren
Sono atteso per il vespro e per la cena al seminario di Prizren, dove padre Andrej, il monaco di Decani da anni è noto in tutte le chiese ortodosse in Italia, ha assunto per il terzo anno il ruolo di pro-rettore del seminario recentemente restaurato e rinato a nuova vita. Domani mi riprometto di parlare più diffusamente dei miracoli che hanno circondato questa rinascita, e spero di iniziare la giornata con la Liturgia del giorno di festa di san Giovanni Crisostomo: in una concelebrazione tra preti del Kossovo, di Cipro e dell'Italia dovrei essere l'unico che non proviene da una terra divisa a metà... a tutti buona festa del santo più di tutti legato alla Divina Liturgia, e restate in ascolto!

 

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