mercoledì 27 marzo 2013

 
Chiesa Ortodossa 
 Patriarcato di Mosca
Parrocchia
San Giovanni di Kronstadt
Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II 
Castrovillari (cs)


 
  31  Marzo  2013
 
Seconda domenica di quaresima
 
San Gregorio Palamas
Licenza di olio e vino
 
 
Tono II
 
Orario Ufficiature:
 
  Sabato  30    ore  17,30    Vespro (Vecernie)
 
Domenica  31 ore  10.00   Divina Liturgia
 

  Carissimi Fedeli Ortodossi di 
Castrovillari e del circondario, 
 come sempre vi aspetto numerosissimi,
 per celebrare con Voi le Ufficiature 
della Vostra Chiesa e della Vostra
 Santa Tradizione Ortodossa.
Per qualsiasi informazione chiamate
 il Parroco al: 3280140556

venerdì 22 marzo 2013

 
Chiesa Ortodossa 
 Patriarcato di Mosca
Parrocchia
San Giovanni di Kronstadt
Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II 
Castrovillari (cs)


 
  24 Marzo  2013
 
Memoria del ripristino del culto
delle sante e venerabili ikone
 
San Sofronio, Patriarca di Gerusalemme

Licenza di olio e vino

 
 
Tono I
 
Orario Ufficiature:
 
  Sabato  23    ore  17,30    Vespro (Vecernie)
 
Domenica  24 ore  10.00   Divina Liturgia
 

  Carissimi Fedeli Ortodossi di 
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Dal sito amico: http://www.ortodossiatorino.net/


Riflessioni sull’abbigliamento del clero

" Un vescovo ortodosso aveva detto a uno dei suoi preti che si lamentava di dover apparire in abito talare nell’atmosfera quotidiana di un paese secolarizzato: “Cerca di indossare la tonaca per quanto puoi: è l’unica tua forma di predicazione nella quale non devi aprire bocca" "

  Abbigliamento adeguato per il clero ortodosso
 
Nel n. 6 di The Russian Pastor, è apparso un articolo dell’arciprete Boris Kizenko, "Non ti associare a quest’era". L’articolo tocca la questione se i sacerdoti debbano indossare o meno la tonaca o la rjasa. Vorrei condividere alcune riflessioni su questo tema.
Molto spesso nella sfera delle leggi e delle tradizioni della Chiesa, per un motivo o per un altro, ci permettiamo di compromettere queste leggi. Nella nostra società di oggi, le ragioni e le circostanze di tali compromessi possono sembrare molto giustificabili. Tuttavia, il pericolo sta nel fatto che ogni compromesso può diventare abituale, e il comportamento di compromesso diventa la norma, dando luogo a ulteriori compromessi e a un degrado generale degli ideali. Padre Boris descrive molto precisamente questa progressione nel suo articolo. Nel momento in cui siamo forse a rischio di perdere completamente l'ideale nel campo dell’abbigliamento sacerdotale, è opportuno passare in rassegna le norme della Chiesa e le direttive in materia di abbigliamento sacerdotale, oltre  a vedere alcuni esempi tratti dalla vita contemporanea che gettano luce sulla questione.
1) Il canone 27 del 6° Concilio Ecumenico afferma: «Nessuno dei membri del clero dovrebbe vestirsi in modo inappropriato, né quando è in città, né quando è in viaggio. Ciascuno dovrebbe usare l'abbigliamento prescritto per i membri del clero. Se qualcuno infrange questa regola, che sia sospeso dal servizio per una settimana.
Qui tutto è chiaro. Se non desideri indossare l’abbigliamento di un sacerdote, non osare stare davanti all'altare di Dio.
2) Il grande interprete dei Canoni della Chiesa, Balsamone, nella sua interpretazione del canone 14 del Consiglio Ecumenico 7, che parla della ordinazione dei lettori, osserva: "Colui che ha indossato l’abito nero con lo scopo di entrare a far parte del clero, non può smettere di portarlo, perché ha dichiarato la sua intenzione di servire Dio e quindi non può rompere la sua promessa a Dio e ridicolizzare questa immagine sacra, come fanno gli altri schernitori".
Se indossare di continuo un "abito nero" è previsto per il primo grado del sacerdozio, il lettore, tanto più lo sarà per quelli che sono pienamente nel sacerdozio.
3) Nella procedura di domande prima dell'ordinazione, il candidato al sacerdozio, alla presenza del suo padre spirituale, fa la seguente promessa: "Prometto di indossare l'abbigliamento adeguato al mio rango sacerdotale, di non tagliarmi i capelli, né la barba... perché con un comportamento così disdicevole rischierei di sminuire il mio grado e di tentare i credenti" (promessa numero 5).
È importante notare che, a conferma della sua promessa, il candidato bacia il ​​vangelo e la croce e mette la sua firma.
4) La regola 16 per i sacerdoti della Chiesa ortodossa russa all'estero dice: "Un prete che riceve un pieno sostegno economico dalla sua parrocchia, e a cui viene data la possibilità di non fare un lavoro secolare, dovrebbe avere l'aspetto di un sacerdote ortodosso, cioè, dovrebbe avere i capelli lunghi, la barba, una rjasa, indossare una croce di stile appropriato, e non una di sua invenzione, e nel suo aspetto esteriore dovrebbe offrire l’esempio completo di un vero pastore".
Dobbiamo ricordarci che, se i canoni e i regolamenti della Chiesa non fossero importanti, la Chiesa non li avrebbe scritti.
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La moglie di un sacerdote, che serve in una grande città americana, dove i culti pagani e satanici sono dilaganti, mi riferito questo episodio: batjushka portava sempre la tonaca o la rjasa con la sua croce. Dopo il suo arrivo in città, si abituò al fatto che, quando camminava lungo una strada, o nei negozi, alcune persone reagivano a lui con odio. Alcuni addirittura gli sibilavano apertamente contro mentre camminavano vicino, altri in realtà gli sputavano addosso. Tutte queste cose batjushka le interpretava come attacchi di servitori di Satana a un sacerdote di Cristo. Una volta è successo che lui e matushka stavano camminando lungo il marciapiede nel principale quartiere commerciale della città. Improvvisamente, una donna che sembrava una strega saltò fuori di fronte a lui. Iniziò a gridare verso di lui con la voce spaventosa di un gatto malato, e fece un gesto minaccioso con le braccia, come se volesse graffiargli gli occhi. Poi subito sparì tra la folla. Il prete e la moglie si fecero il segno della croce e continuarono sulla loro strada, essendosi abituati a questi eventi. Ma poi matushka notò una cosa. Questa volta, per qualche motivo, batjushka era in abbigliamento secolare. Nulla nel suo aspetto esterno dimostrava che fosse un prete ortodosso. Anche i suoi capelli lunghi e la barba non erano nulla di eccezionale in quelle circostanze.
È chiaro che un sacerdote su un piano spirituale è sempre un sacerdote, anche quando non è vestito in modo appropriato. Le forze del male lo sentono e molto probabilmente sono soddisfatte dei nostri "compromessi".
Un certo sacerdote decise di farsi fare una fotografia. Si mise il cappotto e il cappello. Per qualche ragione era imbarazzato di farsi fotografare con una croce sul petto. Si tolse la croce e la mise nella tasca sinistra della giacca. La fotografia fu scattata, sviluppata e stampata. Con lo stupore sia del fotografo che del prete, sulla fotografia c'era un raggio enorme (dalle ombre si poteva vedere che non era un raggio di sole), che indicava la tasca, dove stava nascosta la croce. Il prete chiese di far pubblicare questa foto dopo la sua morte.
In una piccola parrocchia della Chiesa russa all'estero, a causa delle dimensioni della congregazione, il rettore fa un lavoro secolare. Lavora come infermiere in un ospedale locale. Ero certo che si togliesse la tonaca quando va a lavorare. Ma con mia grande sorpresa, ho scoperto che questo prete lavora in tonaca, mettendoci sopra un camice da laboratorio. Questo è considerato con rispetto sia dal personale medico che dai pazienti. Spesso molti pazienti richiedono proprio che sia il "prete-infermiere" a prendersi cura di loro.
Preoccupato per la questione, "un sacerdote dovrebbe e potrebbe indossare sempre una tonaca?", ho cominciato a chiedere ai figli adulti di pastori anziani o deceduti, se i loro padri indossavano sempre un abito talare. Quasi tutti hanno risposto in senso affermativo, ricordando che raramente avevano visto il loro padre-prete senza tonaca. Ci sono anche casi in cui i figli hanno detto di non avere mai visto il loro padre senza tonaca. Ciò significa che è possibile realizzare il requisito della Chiesa con l'aiuto di Dio. C’è solo bisogno di provare.
L’aspetto tradizionale di un prete ortodosso, l'abbigliamento e la capigliatura che egli dovrebbe mantenere in ogni momento, sia in pubblico che privato, sono una questione di normativa canonica. I sacri canoni della Chiesa riflettono il buon funzionamento e la vita del Corpo di Cristo, non sono semplicemente leggi e regole, ma guide alla vita in Cristo e modelli con cui accogliere l'azione dello Spirito Santo nelle nostre attività quotidiane. Sono ispirate e vincolanti per tutti coloro che vivono in sobrietà spirituale e rettitudine. E sebbene siano applicate da uomini (uno dei chiari doveri del clero, specialmente dei vescovi, è, infatti, assicurare l'ordine canonico), sono comunque divinamente ispirate. I sacri canoni sono anche parte integrante della santa Tradizione, che, insieme con la Scrittura, costituisce la base dell’autorità amministrativa su cui si fonda la nostra fede.
Le tonache interne ed esterne tradizionalmente indossate dai sacerdoti ortodossi sono, per i pii, oggetti di grande rispetto e venerazione. Chiunque li considera "strani" non è illuminato. Né qualcosa che è stato stabilito dalla Chiesa, e avvolto nella grazia, può ostacolare la nostra testimonianza di cristiani ortodossi. L'ignoranza o il semplice bigottismo spiegano i casi in cui vengono ridicolizzati gli ecclesiastici che vestono in modo tradizionale, e la cura per l'ignoranza e il fanatismo non è l'abbandono dei nostri costumi, ma, ancora una volta, l'illuminazione di chi ci mette in ridicolo. Inoltre, i nostri abiti clericali ortodossi tradizionali testimoniano apertamente la grazia del sacerdozio. Molte volte il nostro clero, che mantiene tale abito, è visto da bambini che, ancora non contaminati dalla vanità del mondo, si rivolgono ai loro genitori e dicono loro: "Guarda, c’è Gesù!"
Tali incidenti parlano da soli e testimoniano l'importanza e la natura dell’abbigliamento sacerdotale ortodosso. L'idea che l'abito tradizionale di un sacerdote ortodosso abbia le sue radici in una veste turca o religiosa laica è un artificio di fantasia storica che è stato spesso usato per giustificare le innovazioni contemporanee nell’abito talare.
Sotto il giogo turco, possono essere osservati alcuni cambiamenti nel taglio e nello stile dell’abito monastico e sacerdotale, ma questi sono insignificanti. I nostri stili clericali sono anteriori al giogo musulmano, e per la verità è dai Padri del deserto, che abitavano molte delle aree in cui è fiorito il primo islam, che il clero islamico ha preso molti dei propri costumi come le vesti che indossano sui minareti (sono modellati sulle strutture in cui hanno vissuto e pregato gli antichi stiliti, cioè "pilastri" con un piccolo cubicolo in alto).
Il collare bianco rotondo, il bavaglio, e il vestito di affari che si chiamano abito clericale "cattolico romano" non è cattolico in origine, né è molto più di un normale abito da strada con uno speciale collare. I sacerdoti cattolici, così come il clero ortodosso, si vestivano tutti di tonaca e di un copricapo speciale fino a pochi decenni or sono. Solo negli ultimi decenni hanno adottato quello che in realtà è un abbigliamento clericale protestante o semplici abiti civili.
Per quanto riguarda la questione della deposizione, si noti, in primo luogo, che di fatto ci sono stati membri del clero ortodosso sospesi e anche deposti per aver abbandonato il tradizionale abito clericale. Sant’Evalalio, un predecessore di San Basilio il Grande nella sede di Cappadocia, depose il proprio figlio perché questi aveva abbandonato le tradizionali vesti sacerdotali per un abbigliamento "non idoneo".

lunedì 18 marzo 2013

Dal sito: http://makj.jimdo.com/

L’UNIONE DELLE “CHIESE” [1]
 
 
di Gheorghios Kapsanis

“La Chiesa è dove è la Verità”
Icona dei Santi Padri del Concilio Ecumenico di Nicea
Icona dei Santi Padri del Concilio Ecumenico di Nicea
 
     In questi ultimi tempi molto si parla dell’unione delle Chiese. In realtà si tratta dell’unione dei Cristiani eterodossi, staccatisi dalla Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica. Non esistono molte Chiese che si debbano riunire, poiché il Signore Uomo-Dio fondò una sola Chiesa. La continuità di questa Chiesa è rappresentata solo dall’unica Chiesa cattolica-ortodossa. Da questa unica Chiesa cattolica si staccò definitivamente Roma nel 1054 per il rifiuto degli Ortodossi di sottoporsi alle sue pretese anticanoniche sul primato d’autorità su tutta la Chiesa e per altri errori. In seguito ai numerosi abusi del Papato, in Occidente nel 1517 s’iniziò la lotta dei Protestanti (o Evangelici) contro i Romano-cattolici, che produsse un frammentarismo religioso nell’Occidente cristiano. Come è noto, oggi esistono molte centinaia di sette protestanti specialmente negli Stati Uniti. Quindi la vera Chiesa del Cristo non si è spezzata, al punto di dover parlare di unione delle Chiese. Al contrario essa, con tutte le persecuzioni ed i difetti dei suoi membri, continua ad attenersi fermamente allo stesso Evangelo ed alla stessa fede nel Salvatore, alla fede degli Apostoli e dei Santi Padri. Perciò è errato parlare di unità delle Chiese. Dal punto di vista ortodosso e per la precisione, possiamo solo parlare di riunificazione degli eterodossi staccatisi dalla Chiesa ortodossa, i quali, coscientemente o inconsapevolmente, si trovano nell’errore e nell’eresia.
   Chi, senza nutrire alcun dubbio, crede che solo la Ortodossa è La Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica del Simbolo della Fede, non deve parlare di unione delle Chiese, ma del ritorno degli eterodossi all’unica vera Chiesa. (…)
   Purtroppo oggi su questo argomento sussiste una grande confusione sia per ignoranza che per malafede. Perciò spesso sentiamo parlare, addirittura da personalità rivestite di funzioni ufficiali, che tra gli Ortodossi e gli eterodossi non esistono differenze sostanziali; che la Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica è composta da tutte le chiese ortodosse ed eterodosse, poiché, così si afferma, nessuna Chiesa storica può sostenere di conservare la verità intatta, per cui con tutte le forze bisogna tendere all’unione con gli eterodossi e giungere addirittura alla comunione del Calice. Tutto ciò, assieme ad altre affermazioni del genere, rappresenta un vero allontanamento dalla Fede degli Apostoli e dei Padri e costituisce un’eresia, poiché colpisce i fondamenti della Fede.
  Il popolo ortodosso, che è il custode della Fede ortodossa, deve sapere la verità. E la verità è la seguente:
  1) Sussistono molte e gravi divergenze con gli eterodossi. Tali divergenze sono note e si studiano a scuola. Esse si sintetizzano nella concezione della Chiesa. Chi ne è il centro, il fattore decisivo, la massima autorità? L’Uomo-Dio Gesù Cristo o un uomo? Secondo la dottrina ortodossa, il capo infallibile, il criterio e la fonte della Verità è l’Uomo-Dio e il Santo Spirito che scende non su un singolo uomo, ma su tutta la Chiesa. Secondo la dottrina romano-cattolica la suprema autorità ed il criterio infallibile è un uomo, l’infallibile Papa di Roma. Senza il Papa, a giudizio dei Romano-cattolici, la Chiesa non può esistere né ci può essere un’unione. Per i Protestanti il criterio e la fonte della verità non è il Papa di Roma, ma ogni fedele può trovare la Verità, o almeno una parte della Verità, senza che sia necessaria l’autorità di tutto il corpo della Chiesa. Il che significa che sia presso i Romano cattolici che presso i Protestanti ci troviamo di fronte ad una forma di soggettivismo. I Romano-cattolici hanno un solo Papa, i Protestanti ne hanno tanti quanti sono essi stessi. Sostanzialmente sia presso gli uni che presso gli altri ci troviamo alla presenza dello stesso grave peccato: l’allontanamento dall’Uomo-Dio da parte dell’uomo. Gli Occidentali, allontanando l’Uomo-Dio e ponendo al centro della Chiesa l’uomo, diventano antropocentrici. L’antropocentrismo rappresenta la sostanza di tutte le eresie dell’Occidente. Noi, invece, rimaniamo nell’ambito della santa tradizione umano-divina dell’Ortodossia.
     In fondo il problema è quello della salvezza. Chi si può salvare in una Chiesa, il cui centro non è l’Uomo-Dio, ma un uomo “infallibile”? Perciò noi ortodossi non possiamo accettare di unirci con i Romano-cattolici né con i protestanti, finché essi persistono nel loro antropocentrismo. Ogni unione con gli eterodossi, prima di un loro ritorno alla tradizione umano-divina dell’Ortodossia, sarebbe un tradimento del Cristo, il quale s’è incarnato, ha sofferto, è risorto, è salito al Cielo ed ha fondato la sua Chiesa proprio per diventare il centro della nostra salvezza e per porre fine ad ogni forma di antropocentrismo, che significa la ripetizione del peccato dei nostri progenitori, l’egoismo che distrugge la vera unione con Dio e con gli uomini, la credenza in un Dio ed il rifiuto dell’uomo ad affidarsi incondizionatamente alla Grazia salvatrice del Signore.
    2) Un altro tema, che è posto spesso in risalto nelle raccomandazioni di personalità ecclesiastiche e sulle colonne della stampa profana, è il così detto Calice comune. Affermano costoro che per raggiungere l’unità dobbiamo cominciare a comunicarci gli uni nelle chiese degli altri. Gli eterodossi nelle nostre chiese e noi nelle loro. Ma come possiamo comunicarci nelle chiese degli eterodossi, i quali sono nell’errore? Il Calice comune presuppone una fede comune. Se pur non professando la stessa fede, ci comunichiamo gli uni dagli altri, ciò significa che abbiamo in comune con gli eterodossi anche la fede. Se io, ortodosso, mi comunico in una chiesa non ortodossa, significa che condivido gli errori degli eterodossi. È caratteristico che i santi canoni della nostra Chiesa, a cui integralmente dobbiamo attenerci, poiché sono opera dei Santi e dei Concili, proibiscono non solo il Calice comune, ma anche la preghiera comune con gli eterodossi, poiché anche la semplice preghiera in comune rappresenta la partecipazione alla fede di colui con il quale preghiamo o, per lo meno, gli fa falsamente credere che non è nell’errore, per cui non è necessario che ritorni alla verità.
   Il Cristo è sempre lo stesso nei Sacramenti, nei dogmi e nel culto e non possiamo unirci nei sacramenti e nel culto, quando non siamo uniti anche nei dogmi. L’unione solo nei sacramenti e nel culto è una specie di schizofrenia e di rottura dell’unità nel Cristo. Il Nuovo Testamento c’insegna che “uno è il Signore, una la Fede ed uno il Battesimo” (s. Paolo, Efesini 4,5)
  3) Infine deve essere reso noto che il piano del Vaticano per l’“unione” degli Ortodossi con Roma consiste nello sviluppo di reciproci buoni rapporti, contatti, simposii, preghiere in comune e della comunione eucaristica, come pure nell’intorpidimento della coscienza degli Ortodossi, così che questi ultimi si abituino a comunicarsi nelle chiese romano-cattoliche. Quando fosse raggiunto questo fine, si giungerebbe anche all’unione. Infatti che altro è l’unione se non comunicarsi nelle chiese degli altri? Si tratta del cosiddetto ecumenismo laico, poiché all’unione non si arriverà dall’alto da parte dei vescovi e dei teologi, ma attraverso il popolo, il quale si preparerà psicologicamente con tutti i mezzi affinché non reagisca o non impedisca l’unione dall’alto.
     Il piano dell’ecumenismo laico ha cominciato ad essere applicato con successo. Molti ortodossi, per influsso dell’indifferenza religiosa e della predicazione dei protagonisti dell’ecumenismo laico, i quali si chiedono: “Che significato hanno i dogmi? L’amore deve avere il primato. L’amore c’impone di unirci anche se sussistono differenze dogmatiche”, hanno cominciato a comunicarsi nelle chiese romano-cattoliche.
     L’amore cristiano c’impone d’amare i nostri fratelli eterodossi, a riconoscere ciò che hanno di buono, a pregare ed a lavorare senza fanatismo perché si riveli loro la verità dell’Ortodossia. Ma a questi obiettivi non si deve giungere sacrificando la vera Fede e per di più per un’unità che non avrà il suo fondamento nella Verità, ma nei compromessi, nella diplomazia in fini non religiosi. La Volontà di Dio è espressa nella Sacra Scrittura e nella Tradizione: L’unione nella Verità.
     Sia oggi che sempre la Chiesa ortodossa ha posseduto e possiede il vero Evangelo del Cristo e perciò rappresenta una speranza per il mondo. Da questo punto di vista, il nostro più grande contributo nei confronti degli eterodossi e di tutto il mondo consiste nel conservare immutata e viva la nostra santa Fede che è quella degli Apostoli e dei Padri.

[1] Da “Teoloski Pogledi”, n. 4, 1975 Trad. di A.S. In “Messaggero Ortodosso”, Roma, ottobre 1976 n. 10, 5-9.

Dal sito: https://mospat.ru

Auguri al Patriarca di Etiopia


Il 13 marzo 2013 Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ Kirill si è congratulato con il Patriarca-Catholicos d’Etiopia Abune Matthias per la sua elezione e intronizzazione come Primate della Chiesa d’Etiopia. Riportiamo qui il testo del messaggio patriarcale. 

Sua Santità Abune Matthias, Catholicos-Patriarca d’Etiopia
Santità,
Mi congratulo di cuore con Voi per la Vostra elezione e intronizzazione come Primate della Chiesa d’Etiopia,  un’antica comunità cristiana, con la quale la Chiesa Ortodossa Russa è legata da secolari legami di amicizia e cooperazione.
Siete stato destinato a diventare Patriarca dopo la scomparsa del Vostro compianto predecessore, Sua Santità Abuna Paulos. Vi auguro di essere suo degno successore nei lavori intrapresi per il consolidamento dell’unità della Chiesa e il miglioramento dell’istruzione religiosa e del servizio sociale.
Mi auguro sinceramente che sotto la Vostra sapiente guida, le relazioni tradizionalmente cordiali e amichevoli con il Patriarcato di Mosca continuino a svilupparsi in modo dinamico.
Che il Signore conceda alla Santità Vostra salute e gioia spirituale, pace e molti anni di vita. L’aiuto di Dio sia con Voi in tutte le Vostre buone azioni e opere.
Nell’amore di Cristo,
+ KIRILL
Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’

venerdì 15 marzo 2013

 
Chiesa Ortodossa 
 Patriarcato di Mosca
Parrocchia
San Giovanni di Kronstadt
Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II 
Castrovillari (cs)


 
17 Marzo  2013
 
Domenica del Perdono
 
(Dei Latticini)

San Gerasimo il giordanita

 
 
Tono VIII
 
Orario Ufficiature:
 
  Sabato  16    ore  16,30    Vespro (Vecernie)
 
Domenica  17 ore  10.00   Divina Liturgia
 

  Carissimi Fedeli Ortodossi di 
Castrovillari e del circondario, 
carissimi Arbëreshë  dei paesi viciniori,
(San Basile - Frascineto - Ejanina - Civita)
 come sempre vi aspetto numerosissimi,
 per celebrare con Voi le Ufficiature 
della Vostra Chiesa e della Vostra
 Santa Tradizione Ortodossa.
Per qualsiasi informazione chiamate
 il Parroco al: 3280140556

http://www.ortodossiatorino.net/ : Auguri del Patriarca Kirill al nuovo Papa di Roma













Sua Santità il Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus' ha inviato i suoi auguri al Papa di Roma Francesco per la sua elezione al soglio della Chiesa Cattolica Romana

A sua Santità Francesco, Papa di Roma
Vostra Santità!
Mi congratulo di cuore per l'elezione all'eminente e responsabile servizio di primo ierarca della Chiesa Cattolica Romana. Sotto il vostro predecessore - Papa Benedetto XVI - le relazioni tra le Chiese Ortodossa Russa e Cattolica Romana hanno ricevuto un nuovo impulso e vi si è notato un dinamismo positivo.
Spero sinceramente che Vostra Santità vorrà promuovere la cooperazione tra le nostre Chiese in spirito di amore fraterno e di mutua comprensione.
Alla vostra ascesa al soglio papale, avete scelto il nome Francesco, che porta alla mente famosi santi della Chiesa Cattolica, e denota il vostro impegno di devozione sacrificale nell'alleviare le sofferenze del popolo e nella zelante predicazione del Vangelo. In questo risalta il vostro desiderio di continuare a lavorare per i poveri e per gli afflitti, in cui avete mostrato compassione e amore nel corso dei vostri numerosi anni di servizio in Argentina, portando il messaggio di Cristo crocifisso e risorto al mondo moderno.
Questo stesso servizio è ora una priorità anche per la Chiesa Ortodossa Russa, cosa che apre una possibilità di cooperazione e interazione con la Chiesa Cattolica Romana.
Oggi, ortodossi e cattolici sono chiamati a lavorare assieme per proteggere i cristiani che hanno bisogno di sostegno e solidarietà, in quanto maltrattati e perseguitati in varie parti del mondo. Sono necessari sforzi comuni anche per sostenere i valori morali tradizionali nelle società secolari moderne.
Vi prego di accettare, Vostra Santità, i miei migliori auguri di pace, forza spirituale e vigore fisico, e il generoso sostegno di Dio nel compimento della resposabilità del vostro servizio.
Con amore fraterno nel Signore,
+ Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Rus'

venerdì 8 marzo 2013

Mitropolia e Hirshme e Beratit

RROBAT E SHENJTA TË KLERIKUT GJATË CEREMONIVE FETARE

pubblicata da Mitropolia e Hirshme e Beratit il giorno Venerdì 8 marzo 2013 alle ore 21.55 ·
 
Rrobat priftërore janë të shenjta dhe transmetojnë shenjtërim. Njeriu që jeton jashtë kishës është i zhveshur nga Hiri Hyjnor. Por me pagëzimin, njeriu vishet me stolinë e perëndiendur: “Sa u pagëzuat më Krishtin, me Krishtin u veshët”. Prifti, përderisa pranoi Hirin Hyjnor me pagëzimin e shenjtë, me hirotonisjen, e pranon përsëri për t’ia ofruar botës. Me misterin e Priftërisë, njeriu bëhet “kujdestar i mistereve të Perëndisë” (1 Kor. 4:1). Këtë shërbesë të lartë të klerikut, të mistereve të shenjta, simbolizojnë rrobat e hirshme.
I
Kleriku, që nga dita e hirotonisjes së tij, sa herë përgatitet për të meshuar, merr një nga një rrobat e shenjta, i bekon në formë kryqi, i puth dhe i vesh, duke treguar se ato “janë shenjtëruar dhe shenjtërohen me kryqin e Krishtit, dhe veshja e tyre transmeton shenjtërimin”. Prandaj, ai që tregon shpresëtari ndaj rrobave të shenjta dhe i puth, “kryen një vepër besimi dhe do të shpëtohet siç shpëtuan -domethënë, u shëruan- edhe ata që preknin cepin e rrobës së Jisu Krishtit” (Marku 6:56).
Besimtarët tregojnë shpresëtari ndaj rrobave të shenjta të klerikëve sepse janë të hirshme. Dhe prifti, duke veshur stolinë e tij, na kujton se, megjithëse është nga kjo botë, nuk i përket vetëm kësaj bote. Qëndron midis njeriut dhe Perëndisë, si një urë prej së cilës ngjiten lutjet tona tek i Larti dhe zbresin dhuratat e Perëndisë.
Këto rroba ruajnë formën e hershme sipas gradave të priftërisë. Janë shtatë, sipas shtatë dhuntive të Shpirtit të Shenjtë dhe sipas numrit të hirshëm të plotësisë dhe ndahen përkatësisht në tri gradat e priftërisë.
Dhjaku ka tre, në emër të Trinisë së Shenjtë, Stiharin, Orarin dhe Mbimëngët. Prifti pesë, sipas numrit të shqisave: Stiharin, Petrahilin, Mbimëngët, Brezin dhe Fellonin. Episkopit i përkasin shtatë, plotësia e priftërisë. Katër të parat, sikurse prifti, plotësuar më tej me Sakon kryepriftërore, në vend të fillonit, Epigonatin dhe Omoforin. Për të vlerësuar më tepër gradën kryepriftërore u shtuan Kryqi, Engolpioni, Skeptri Baritor dhe Mitra. Kurse tek priftërinjtë jepen si ofiqe -vlerësime- Kryqi dhe Epigonati, tek ikonomi dhe protoprezviteri.
II
Rrobat e shenjta dhe kuptimi i tyre.
A.                    Stihari. Stihari është një këmishë e gjatë deri tek këmbët, e përbashkët për të tri gradat e priftërisë, me mëngë të gjëra që lidhen tek kyçet e duarve për lehtësi përdorimi në shërbesa. Ngjyra e tij është zakonisht e bardhë, për të simbolizuar veshjen e ndritshme të engjëjve dhe pastërtinë, për të cilën meshtarët denjësohen nga Hiri Hyjnor. Këtë dëshmon edhe vargu biblik që thuhet gjatë veshjes së tij: “Do të ngazëllohet shpirti im më Zotin; se më veshi me veshje shpëtimi dhe më pështolli me rrobë gëzimi; më vuri kurorë si një dhëndri, dhe si nuse më stolisi” (Isaia 61:10).B.                    Orari. Oro -nga latinishtja, lutem- është një shirit rrobe që rrotullohet në supin e majtë dhe në skajet, që varen para dhe mbrapa, shkruhet shenjt, shenjt, shenjt. Simbolizon krahët e engjëjve, përderisa dhjakonët “dërgohen për shërbesë për ata që kanë për të trashëguar shpëtim” (Heb. 1:14). C.                     Mbimëngët. Me to, të përbashkëta për të tria gradat e priftërisë, mbështillen kyçet e duarve. Ato simbolizojnë veprimin e tërëfuqishëm të Perëndisë dhe dhuratat e çmueshme, që i blatohen Perëndisë me duart e meshtarëve. Prandaj thuhen vargjet e psaltirit: “Dora jote e djathtë o Zot, u lavdërua me fuqi; e djathta jote, o Zot, theu armiqtë, dhe me lavdinë tënde të shumtë dërrmove kundërshtarët. Duart e tua më bënë dhe më dhanë formë, bëmë të mençëm dhe do të mësoj porositë e tua.” (Psalmi 118:73). Ato simbolizojnë gjithashtu prangat e Zotit me të cilat, i lidhur, iu dërgua Pilatit.D.                    Petrahili. Asnjë shërbesë nuk bëhet në kishën tonë pa petrahil. Atë e mban prifti dhe episkopi dhe simbolizon Hirin e Shpirtit të Tërëshenjtë që zbret së larti. Prandaj edhe kur vendoset, thuhet: “I bekuar është Perëndia që derdhi Hirin e Tij mbi priftërinjtë e Tij, si miro mbi kryet, që zbret mbi mjekrën, mjekrën e Aaronit, që zbret në anën e rrobës së tij.” (Psalmi 131:16). Thekët që vendosen në fund të petrahilit simbolizojnë shpirtrat e besimtarëve për të cilët klerikët janë përgjegjës dhe do të japin llogari, ditën e Gjyqit, para Perëndisë.E.                     Brezi. Sipas uratës që thotë prifti, brezi, kur vendoset rreth mesit, simbolizon, së pari, fuqinë e Perëndisë, që forcon meshtarin në Liturgjinë Hyjnore dhe, së dyti, pastërtinë dhe mençurinë që duhet ta stolisë. Duke u vendosur drejt veshkave, që konsiderohen qendra e dëshirave, na kujton vdekjen e tyre. Vetë Zoti na thotë: “Le të jenë meset tuaja ngjeshur, që të jeni të gatshëm dhe të zgjuar për të zbatuar vullnetin e Perëndisë dhe të fitoni kështu thesare në qiej.” (Lluka 12:35).F.                     Felloni. Është veshje e hershme pa mëngë, për të treguar, sipas shën Kozmait të Etolisë, “që prifti nuk merret me gjërat e botës”. Simbolizon “mantelin e paqepur” të Zotit, të përbërë vetëm prej një cope, dhe Kishën mbi tokë, që do të thotë se kështu duhet të jetë Një edhe Kisha, e papërçarë. Simbolizon mantelin e kuq  (Mateu 27:28), që veshën Jisu Krishtin në pallatin e Pilatit, për ta përqeshur. Kështu çdo prift që ecën në gjurmët e Krishtit shpesh, përqeshet, padrejtësohet, kryqëzohet. G.                     Epigonati. Epigonati që mban kryeprifti, simbolizon peshqirin  (Joani 14:4), me të cilin Zoti fshiu këmbët e nxënësve të tij. Simbolizon edhe thikën shpirtërore (Efes. 6:17). Sipas shën Simeonit, kryepeshkopit të Selanikut, simbolizon edhe fitoren e Zotit kundër vdekjes dhe ngjalljen e Tij, prandaj edhe meshtarët thonë: “Ngjeshe kordhën tënde, o i fuqishëm, me bukurinë tënde, përqendroi forcat dhe shko përpara me ngadhënjim dhe mbretëro për të vërtetën, për butësinë dhe për drejtësinë; dhe e djathta jote do të të udhëheqë çuditërisht.” (Psalmi 44: 4-5). H.                    Sako kryepriftëror. Kjo veshje zëvendësoi, në periudhën e perandorisë otomane, fellonin me shumë kryqe të episkopit, dhe u bë në ngjashmëri me sakon perandorake. Por e mbajti simbolikën e fellonit, përderisa kryeprifti simbolizon Krishtin. Kumborëzat, ngjasojnë me kumborëzat e sakos së Aaronit, si një simbol të mësimdhënies dhe predikimit, që është kompetenca dhe detyra kryesore e kryepriftit.I.                       Skeptri baritor. Është simbol i pushtetit baritor dhe shpirtëror të episkopit. Në pjesën e sipërme mban kryqin midis dy gjarpërinjve, që të kujtojnë mençurinë baritore, sipas fjalës së Zotit: “Ja tek po ju dërgoj unë ju si dhen në mes të ujqërve; bëhuni pra të zgjuar si gjarpërinjtë dhe të butë si pëllumbat” (Math. 10:16).J.                     Omofori. Është shirit rrobe që varet në qafë dhe simbolizon delen e arratisur që Zoti e gjeti dhe e mori mbi supe. Prandaj dhe rekomandohet të endet prej leshi deleje. Deri në leximin e apostullit episkopi mban Omoforin e madh, pas ungjillit dhe deri në fund të meshës mban Omoforin e vogël, ashtu si edhe në gjithë shërbesat e tjera. K.                    Mitra kryepriftërore. E ka fillimin e saj në Dhiatën e Vjetër. Simbolizon kurorën prej gjembash por edhe pushtetin mbretëror të Zotit, për të treguar se kryeprifti është ikona e gjallë e Krishtit në kishën e Tij. Përdorimi i saj u përhap pas shekullit të 16. L.                     Engolpioni kryepriftëror. Varet me zinxhir të artë në qafën e kryepriftit. Është shenja dalluese e gradës kryepriftërore. Simbolizon vulën dhe dëshminë e besës. Në formën e tij vezake ikonizohet Zoti Krisht që bekon me dorën e djathtë dhe në të majtë mban Ungjillin.M.                    Dyqeri dhe Triqeri. Mbahen nga kryeprifti dhe me to bekon popullin. Dyqeri simbolizon dy natyrat e Zotit Krisht si Perëndi dhe Njeri. Triqeri simbolizon Trininë e Shenjtë. Me ta vulos Ungjillin përgjatë psaljes së himnit Trishenjtor dhe më pas bekon popullin.N.                     Mandia kryepriftërore. E mban kryeprifti kur kryen shërbesa në të cilat nuk nevojitet stolia e plotë. Për shembull gjatë shërbesës së mbrëmësores, mëngjesores, litanive etj. E ka prejardhjen e saj nga perandorët.

Meshtarët veshin tërë stolinë priftërore sipas tipikosë, gjatë Liturgjisë Hyjnore dhe në disa shërbesa të tjera si për shembull kur kryen proskomidhinë, mëngjesoren e të Shtunës së Madhe, mbrëmësoren e Pashkës dhe të Pentikostisë. Në të gjitha ceremonitë e mistereve të tjera, në hyrjen e mbrëmësores së madhe, gjatë leximit të Ungjillit të mëngjesit, prifti vesh petrahilin dhe fellonin, Episkopi petrahilin dhe omoforin  kurse dhjakoni stiharin dhe orarin. Në shërbesa të tjera më të thjeshta, prifti mban vetëm petrahilin.
Duke përfunduar këtu këtë fjalim dhe duke falënderuar Zotin, lutemi të na denjësojë në vazhdimin e shpjegimit të Liturgjisë Hyjnore.

Me Urime të Përzemërta dhe Bekime të Shumta:
Mitropoliti i Beratit, Vlorës dhe Kaninës 
† IGNATI
Berat me 10.03.2013