giovedì 15 novembre 2012

Dal sito amico e ortodosso: http://makj.jimdo.com/

La Chiesa Cristiana, l'Ortodossia, gli Ortodossi. Una breve introduzione ad alcuni concetti per sapere qualcosa in più riguardo lo spirito di verità che contraddistingue la fede Ortodossa e il suo gregge: "In ciò che riguarda la fede, non vi siano nè concessioni nè esitazioni" (S. Marco d'Efeso). Fra queste pagine troverete le risposte a tutte le vostre domande. Basta immergersi nel sito e lasciarsi illuminare da Cristo… “Io sono la via, la verità, la vita”.
     L'uomo ha vinto molte delle sue malattie ed ha raggiunto un punto elevato di civilizzazione. Possiamo dire che viviamo in un'epoca di unificazione su scala mondiale. Non esistono più località per le quali occorrano mesi per attraversarle. Non possiamo più parlare di un Oriente e di un Occidente come due entità assolutamente separate. Oggi la distanza fra i due è stata abolita: gli uomini intessono facilmente delle conoscenze e comunicano liberamente con genti di altre nazionalità e di altre religioni. Questa fraternizzazione, unita alla facilità di comunicazione e di amicizia che caratterizza l'uomo contemporaneo, è senza alcun dubbio un segno di progresso incoraggiante che ogni uomo non può che approvare. Nel campo spirituale, tuttavia, numerosi problemi, più o meno importanti, si pongono e richiedono delle risposte. Fra le domande che vengono poste dai nostri lettori che visitano l'Italia ed i suoi importanti monumenti, fra i quali luoghi cristiani come il Monastero ortodosso di Bivongi o altre chiese ammirati da secoli, vi è la seguente: "Non è il medesimo Cristo che noi e voi preghiamo? Cosa ci separa ancora? E che cosa è questa "Ortodossia" che voi difendete con tanto vigore e devozione?"
 
1. LA CHIESA E' CATTOLICA
NELLA MISURA IN CUI E' ORTODOSSA (1)

Bandiera del Monte Athos (Grecia)
Bandiera del Monte Athos (Grecia)
 
     Secondo S. Anastasio il Sinaita, uno dei primi Padri della Chiesa, "l'Ortodossia è il vero concetto di Dio e della creazione". L'Ortodossia, vale a dire la giusta fede, è la verità. Secondo la parola di Cristo: "Io sono la via, la verità, la vita", è la verità incarnata. Non possiamo trovare e conoscere la verità se non nella persona di Cristo: è dunque unicamente in Cristo che noi siamo salvati. L'Ortodossia - la Verità - si identifica nel Cristo che è la verità eterna. Poichè Dio-Trinità è la sorgente della verità, la Sua stessa esistenza è egualmente verità: questa verità è l'Ortodossia fondamentale ed eterna nella quale gli uomini sono chiamati a vivere. Dopo la sua caduta, l'uomo ha perso la grazia di Dio: è decaduto dalla comunione con Dio-Verità. I discendenti del primo Adamo, per ritornare all'unione primitiva con Dio, devono entrare in comunione con il nuovo Adamo: Cristo. La salvezza dell'uomo non è possibile che in Cristo. Ma quale verità ci offre Cristo? E dove questa verità è rimasta inalterata, pura e senza confusione? La risposta si trova nelle Sante Scritture che designano la Chiesa come "colonna e fondamento della verità (I Tim. 3, 15). La volontà di Dio è che tutti giungano alla Verità, vale a dire a Cristo (L'Ortodossia incarnata), nel suo Corpo che è la Chiesa. La redenzione dell'uomo, il suo ritorno e la sua unione a Dio e la sua salvezza finale non possono realizzarsi che nella Chiesa.
     La Chiesa è stata fondata nel mondo poichè in esso l'uomo realizza la sua esistenza e la sua comunione con Dio ed il resto del mondo. E nella Chiesa, l'uomo trova il senso della vita, del suo destino ed una reale comunione con gli altri uomini e l'insieme della creazione. Secondo l'Apostolo Paolo, la Chiesa è "il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose" (Ef. 1, 23). La salvezza che Cristo ci porta con la sua Crocifissione e la sua Resurrezione, continua nella Chiesa. Ecco perchè il Beato Agostino chiama la Chiesa "Cristo esteso in tutti i secoli". Questo significa che la Chiesa è Cristo, il Quale, anche dopo la sua Resurrezione e la sua Ascensione, continua a salvare il mondo con lo Spirito-Santo. L'umanità può continuamente trovare Dio nel corpo di Cristo, nella Chiesa. "Ecco perchè non possiamo separare Cristo dalla Chiesa. Non si può avere la Chiesa senza Cristo e non vi è Cristo fuori della Chiesa: senza di Essa non vi è nè verità nè salvezza. La verità fuori dalla Chiesa-Corpo di Cristo è simile a polvere d'oro nel fango. Non sono altro che raggi momentanei della presenza divina nella condizione dell'uomo decaduto, niente altro che la sua incapacità ad elevarsi e ad essere salvato".
     Il Cristo, Verità assoluta, ci conduce alla salvezza con la sua Chiesa e la Chiesa è fondata sulla Verità. Se si vuole avere un'autentica conoscenza di Cristo nella sua universalità e pienezza si deve necessariamente ricorrere alla Chiesa. "Fuori dalla Chiesa, anche nelle cosiddette eresie "cristiane", l'incapacità di trovare la pienezza del Cristo esclude la possibilità della salvezza". Ecco perchè le parole di S. Cipriano, vescovo di Cartagine, secondo le quali "fuori dalla Chiesa non vi è affatto salvezza", non sono esagerate. "Senza la Chiesa non possiamo conoscere il Cristo. Parallelamente, senza la Chiesa non possiamo comprendere nè le S. Scritture nè il tesoro della tradizione.
     E' evidente che, per conoscere Cristo nella Chiesa qui ed ora, occorre che la Chiesa esprima la verità di Cristo nella sua pienezza. Altrimenti il vero Cristo rimane sconosciuto e inaccessibile fintanto che l'uomo rimane lontano dalla salvezza, esatta condizione delle diverse eresie. E' unicamente nella Chiesa, nell'Ortodossia - vale a dire la Fede giusta - che l'uomo può veramente incontrare il Cristo ed essere salvato".
     La Chiesa, secondo uno dei Santi Padri, è "l'Assemblea del popolo ortodosso". La Chiesa vive attraverso i secoli e vive come l'Ortodossia. E' impossibile pensare la Chiesa senza l'Ortodossia. In questo contesto noi dobbiamo comprendere la Chiesa come tradizione: processo divino e movimento dinamico di Dio nella Storia. Padre Dumitru Staniloae, teologo romeno, dice che "l'Ortodossia è una condizione vivente, la vita incessante della Chiesa". "La Chiesa ha sempre considerato come sua responsabilità più elevata quella di conservare, nello Spirito Santo, la fede apostolica inalterata. Se la Chiesa non fosse rimasta fedele alla verità della sua esistenza, non potrebbe restare fedele a se stessa e non avrebbe potuto conservare la sua identità. Il contenuto e la sostanza della Chiesa è l'Ortodossia". Questa responsabilità che la Chiesa ha di conservare la verità attraverso la tradizione non è qualche cosa di astratto.
     La Chiesa veglia affinchè ciascuno dei suoi figli rimanga nella verità, nell'ortodossia e nell'ortoprassi (giusta fede e giusta azione). Ogni cristiano che si trovi nella Chiesa, non deve accontentarsi di credere semplicemente ma deve credere in Dio; e non soltanto credere in una potenza suprema ed invisibile, ma in Dio-Trinità che si rivela nel Cristo. Allo stesso modo, non deve semplicemente amare, ma amare il suo Dio amando il suo prossimo. "La Chiesa ha l'obbligo di conservare questa ortodossia di fede e di vita e di farne partecipare il mondo con la sua missione e la sua testimonianza". Coscienti di questo, possiamo facilmente comprendere perchè la Chiesa rigetta tutti coloro che hanno cercato di falsare o di rifiutare la sua verità, coloro che tentano di aggiungere o di togliere qualche cosa a quella verità che è Cristo stesso. La Chiesa li rigetta come eretici non perchè manchi di amore verso gli uomini ma, al contrario, a causa del suo eccesso d'amore per essi dal momento che fuori dalla Chiesa non vi è salvezza.  La Chiesa non può compromettere nè sacrificare la verità e la fede ortodossa poichè perderebbe allora la sua identità e la sua cattolicità". "Il cristiano, in ogni tempo, deve accettare tutto ciò che il Cristo ha rivelato e che è trasmesso dal Suo Corpo (la Chiesa). Deve accettare la verità intera e non un "minimum di fede". "La cattolicità e l'ortodossia della Chiesa sono preservate unicamente nella plenitudine e nella totalità della fede. La Chiesa è cattolica nella misura in cui è ortodossa, poichè allora soltanto ha preservato la plenitudine della verità in Cristo".
     Sicuramente, oggi, siamo abituati a semplificare le cose e diventiamo indifferenti alla Verità della Chiesa. Superficiali e frivoli, ci arrestiamo davanti alle forme esteriori e proclamiamo che è sufficiente essere d'accordo su di una fede di base e che tutto il resto è inutile: i dogmi ed i canoni (regole del diritto ecclesiastico) sono stati fatti per gli uomini ed è necessario accantonarli "per carità". "Invece i dogmi, come regole di fede, non hanno distrutto l'unità della Verità. Hanno creato i limiti dell'Ortodossia, della Chiesa, in modo tale che la Chiesa - l'Ortodossia - possa essere distinta dall'eresia... Per la Chiesa, il fondamento della fede è unico: la pienezza della verità in Cristo".
     Per la Chiesa, una cosa è necessaria: conservare la verità inalterata così come l'ha ricevuta. Per questo scopo la Chiesa ha mobilitato tutte le sue forze per combattere l'eresia, il suo nemico più irriducibile. Le persecuzioni non hanno mai minacciato l'unità della Chiesa nè la sua capacità di conservare la verità. Al contrario, esse l'hanno a volte aiutata a radunare le sue forze, allorchè l'eresia l'ha turbata a diverse riprese. L'eresia, che altro non è che un mascheramento della verità, minaccia l'esistenza e la sostanza (ipòstasi) della Chiesa, minaccia la Verità tentando di separare e di dividere il Cristo. Ma un Cristo frantumato e diviso, che non sia l'intera "verità incarnata", non è affatto il Cristo salvatore. Gli eretici non rigettano la totalità della verità, non rifiutano affatto il Cristo: non l'accettano interamente ma soltanto in parte. Ario, per esempio, non rifiutava l'umanità di Cristo ma rigettava la sua divinità. Altri accettavano la sua divinità e rifiutavano la sua umanità. Ma nessuno di loro accettava il Cristo totale ed indiviso. "La verità della Chiesa è una pienezza, una unità che deve sempre dimorare indivisa e inseparabile.
     L'eresia, tuttavia, cerca di sottomettere la verità della tradizione ecclesiastica ai criteri dell'uomo decaduto. L'eretico si pone a giudice e criterio della verità rivelata. Per questa ragione, gli eretici di tutte le epoche sono stati dei razionalisti. Un eretico (divenuto tale poichè l'orgoglio lo possiede ed è pieno sino all'eccesso della fiducia nella sua sola ragione e nelle sue opinioni) si stacca da solo dalla grazia divina vivificante e tenta di salvarsi con le sue forze, con la "verità" che si è forgiato e non con la Verità donata da Dio. L'eresia conduce inevitabilmente ad una religiosità fondata sull'uomo". Anzi, la lotta di tutti i Padri contro le diverse eresie tendeva a conservare la fede nella sua integralità - cosa indispensabile alla salvezza - con lo scopo di mantenere ogni uomo nell'Arca della Chiesa, che è il corpo di Cristo. Si può dire che questa lotta è la loro più grande offerta alla Chiesa. E' per questo che essi non hanno mai consentito a coesistere con gli eretici in un "minimum" di fede nè a soddisfarsi di una parte di verità, ma hanno lottato per conservare tale fede intera ed indivisa poichè in tal modo erano Ortodossi - nella Verità - ed ottenevano la salvezza. Il metodo dei nostri giorni, secondo il quale si cerca di non menzionare le differenze per mettere in rilievo i punti comuni, non sarebbe mai stato accettato dai Padri come punto di partenza di una discussione teologica con gli eretici. Al contrario, essi hanno riunito dei Concili Ecumenici ed hanno lottato non per un "minimum" di fede, non per trovare ciò che gli eretici avevano in comune con essi, ma per ben mostrare ciò che li separavano, quali insegnamenti degli eretici deturpavano la verità e, di conseguenza, rompevano l'unità della fede. In altre parole, se la Chiesa si fosse mostrata indifferente alla conservazione della fede e della tradizione, tali e quali erano state ricevute, pure e inalterate, essa non sarebbe stata più la Chiesa di Cristo, il suo corpo, ma una qualunque organizzazione umana o politica, Essa cesserebbe di essere legata al Cristo, al suo sacrificio sulla Croce, alla salvezza.
 
2. LE QUALITA'  INTERIORI DELLA CATTOLICITA' (2)
 
di G. Florovskij
 
     La cattolicità della Chiesa non è un concetto quantitativo o geografico. Essa non dipende affatto dalla diffusione mondiale dei fedeli. L’universalità della Chiesa è la conseguenza o la manifestazione, ma non la causa o il fondamento della sua cattolicità. La sua diffusione nel mondo o l’universalità della Chiesa è solo una caratteristica esteriore, per nulla necessaria. La Chiesa era cattolica anche quando le comunità cristiane costituivano soltanto isole solitarie in un mare di miscredenti o di pagani. E la Chiesa rimarrà cattolica anche alla fine dei tempi, quando il mistero dell’“apostasia” sarà rivelato, allorché ancora una volta la Chiesa si ridurrà ad un “piccolo gregge”. “Quando verrà il Figlio dell’Uomo, troverà la Fede sulla terra?” (Luca 18, 8). Il metropolita di Mosca Filerete si espresse in modo assai adeguato su questo punto: “Se una città o una regione si allontanano dalla Chiesa universale, quest’ultima continuerà a rimanere sempre un corpo integrale, non destinato a perire”. Il metropolita Filerete usa a questo punto il termine “universale”, nel senso di “cattolico”.
     Il concetto della cattolicità non può essere misurato con la sua diffusione nell’ampiezza del mondo: il vocabolo “universalità” non lo esprime esattamente καθολική, che deriva da καθ’όλω, significa, in primo luogo, l’intera pienezza ed integrità della vita della Chiesa. A questo proposito parliamo di “pienezza”, non solo di “comunione”, e ad ogni modo non di una semplice comunione empirica. Καθ’όλον non è sinonimo di κατά παντός; esso riguarda non il piano fenomenico ed empirico, ma quello ontologico e noumenico; esso descrive la vera essenza, non le manifestazioni esterne. Ci rendiamo conto di questa differenza di significato già nell’uso precristiano di questi termini, a cominciare da Socrate. Se cattolicità significa dunque universalità, non si tratta certamente di una universalità empirica, ma ideale; s’intende la comunione delle idee, non dei fatti. I primi Cristiani, usando l’espressione Εκκλησία καθολική, non hanno mai inteso parlare di una Chiesa che si estende per tutto il mondo. Quest’espressione mette piuttosto in risalto l’Ortodossia della Chiesa, la verità della “Grande Chiesa” in antitesi allo spirito di separatismo e particolarismo settario. Erano le idee di integrità e purezza che vi erano espresse. Questo concetto è stato fissato energicamente nelle ben note parole di S. Ignazio di Antiochia: “Dove c’è un vescovo, lì c’è tutta la moltitudine, così come dove c’è Gesù Cristo, c’è anche la Chiesa cattolica” (Smyrn. 8, 2). Queste parole esprimono quelle stesse della promessa: “Quando due o tre si raccolgono assieme nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Matteo 18, 19-20). È questo mistero del raccogliersi assieme che è espresso da termine “cattolicità”, che è usato nel Credo, nella maniera tradizionale della sua Chiesa. Esso significa “l’adunarsi di tutti in una unione” e perciò è detto “assemblea” (εκκλησία).
     La Chiesa è chiamata “cattolica” perché è diffusa per tutto l’universo e sottopone tutti alla sua giustizia. È chiamata cattolica anche perché i suoi dogmi sono insegnati “nella loro pienezza, senza alcuna omissione, cattolicamente e completamente. Infine, la Chiesa è cattolica, poiché in essa ogni genere di peccato è curato e guarito” (Catechesi XVIII, 23; P.G. 33, 1044).
     “Cattolicità” è intesa come una qualità interiore. Solo in Occidente, durante la lotta contro i Donatisti, l’aggettivo “cattolico” fu usato nel senso di “universale” in antitesi al provincialismo geografico dei Donatisti. Più tardi, in Oriente, l’aggettivo “cattolico” fu interpretato come sinonimo di “ecumenico”. Ma in tal modo se ne limitò il concetto, rendendolo meno vivo, in quanto richiamava l’attenzione sulla forma esterna, non sui suoi contenuti esteriori. Tuttavia la Chiesa non è cattolica per la sua estensione esterna, o, ad ogni modo, non solo a causa di essa. La Chiesa è cattolica non solo perché è un’entità che abbraccia tutti, non solo in quanto unisce tutti i suoi membri, tutte le Chiese locali, ma perché lo è intimamente, in ogni sua piccola parte, in ogni atto ed evento della sua vita. La “natura” della Chiesa è cattolica, il vero tessuto della Chiesa è cattolico. Essa è cattolica perché è l’Unico Corpo di Cristo; essa è l’unione in Cristo, l’unità nel Santo Spirito, e questa unità è il più alto grado di pienezza e di completezza. Il criterio dell’unità cattolica risulta dal fatto che “la moltitudine di quelli che credettero, costituiscono un solo cuore ed una sola anima” (Atti 4, 32). Quando ciò non si verifica, la vita della Chiesa è limitata e ristretta. La mescolanza ontologica di persone è e deve essere resa perfetta nell’unità con il Corpo di Cristo. I singoli individui cessano di essere esclusivi ed impenetrabili. Scompare la fredda separazione tra ciò che è “mio” e ciò che è “tuo”. La crescita della Chiesa riguarda la perfezione della sua pienezza interiore, della sua cattolicità interiore, nella “perfezione della pienezza”; “che essi possano essere perfetti nell’unità” (Giovanni 17, 23).
     Il principio della Chiesa Ortodossa secondo cui il “custode” della tradizione e della pietà è tutto il popolo, cioè il Corpo di Cristo, non diminuisce né limita in alcuna maniera il potere di insegnare dato alla gerarchia. Questo principio significa soltanto che la potestà d’insegnare della gerarchia, è una delle funzioni della pienezza cattolica della Chiesa: c’è il potere di rendere testimonianza, di esprimere la fede e l’esperienza della Chiesa, potere che è stato mantenuto in tutto il Corpo. L’insegnamento della gerarchia è, per così dire, il portavoce della Chiesa. “De omnium fidelium ore pendemus, quia in omnen fidelem Spiritus Dei spirat” (San Paolino da Nola, Epist. 23, 25; P.L. 61, 281). Solo alla gerarchia è stato concesso di insegnare “con autorità”. Essa non ha ricevuto questo potere d’insegnare dai fedeli, ma dal Sommo Sacerdote Gesù Cristo, nel mistero (sacramentum) del sacerdozio. Ma questo insegnamento trova i suoi limiti nell’espressione di tutta la Chiesa. Essa è chiamata a testimoniare questa esperienza, che è un’esperienza inesauribile, una visione spirituale. Un vescovo nella Chiesa deve essere un maestro. Solo il vescovo ha ricevuto la pienezza del potere e l’autorità di parlare a nome del suo gregge. Quest’ultimo ha il diritto di parlare attraverso il vescovo. Ma per agire così il vescovo deve abbracciare la Chiesa nel suo intimo: egli deve rendere manifesta l’esperienza e la fede di quest’ultima. Egli non parla in nome proprio, ma in nome della Chiesa, ex consensu ecclesiae. È proprio il contrario della formula del Vaticano I: “ex sese, non autem ex consensu ecclesiae”.
     Non è dal suo gregge che il vescovo riceve la pienezza del potere d’insegnare, ma da Cristo attraverso la successione apostolica. Ma gli è stato concesso pieno potere di testimoniare dell’esperienza cattolica del Corpo della Chiesa. Il vescovo perciò è limitato da questa esperienza e in questioni di fede il popolo deve giudicare il suo insegnamento. Il dovere di obbedire cessa, quando il vescovo devia dalla norma cattolica ed il popolo ha il diritto di accusarlo ed anche di deporlo.
 
NOTE
 
(1) Tratto dal sito: www.lachiesaortodossa.it
(2) Da “Bible, Church, Tradition; An Eastern Orthodox View”, 33-42; 53-54. trad. A. S.

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