lunedì 21 febbraio 2011

Dal sito:Albanianews.it

Il Bilinguismo: vantaggi e paure di una mente più aperta, comprensiva e tollerante  

Da  Sabrina Monforte


La questione del bilinguismo, di cui poco si parla ma che a molti interessa, in particolar modo in quelle città come Prato divenuta multiculturale per via di un forte concentramento della comunità cinese, albanese, rumena, pakistana ed altre. Risulta interessante investigare sui molti giovani, figli di persone emigrate ma nati e cresciuti nelle città italiane, che si sentono sempre più Italiani che appartenenti alla cultura d’origine dei genitori.

Il meccanismo di sviluppo di un bilingue.

La loro particolare capacità è quella di essere bilingue, ossia di riuscire a esprimersi in una seconda lingua, rimanendo fedelmente aderente ai concetti e a quella struttura grammaticale, senza parafrasare la lingua madre, usandole simultaneamente e a passando da una lingua all’altra senza vera difficoltà, quando gliene si presenti l’occasione.
Esistono varie tipologie di bilinguismo che si possono suddividere in tre categorie: individuale, sociale, collettivo. Il primo si sviluppa, ad esempio, in un bambino i cui genitori sono di madrelingua differente oppure, nel caso in cui i genitori parlino la stessa lingua madre, ma il luogo in cui risiedono è diverso dalla loro nazione, e quindi il bambino sarà portato a parlare la lingua dei genitori, oltre a quella del posto in cui risiede. Quello sociale invece rappresenta una società, dove si parlano due lingue, e possono essere molto diverse tra loro secondo la distribuzione delle sue due lingue, come avviene in Belgio. Mentre il bilinguismo collettivo indica un intero gruppo di persone, che essendosi trasferiti in un’altra nazione, parlano indistintamente due lingue diverse.
Per giungere a un bilinguismo equilibrato, ossia implementare una conoscenza perfetta di una seconda lingua, l’età consigliata per l’apprendimento rientra tra i 0-8 anni, in quanto in questa fascia d’età risulta più facile l’apprendimento della seconda lingua, specialmente nel  corretto uso della grammatica e dei fonemi. Qui i processi cerebrali sono più accelerati, dovuto ad una maggiore plasticità neurofisiologica, circoscritta entro un dato arco dello sviluppo biologico individuale, che favorisce l’apprendimento e lo sviluppo linguistico oltre il quale tale processo diviene particolarmente difficile.
Inoltre il cervello di un bambino riesce ad assorbire in maniera del tutto naturale qualsiasi nozione gli viene posta, e bisogna sfruttare quest’occasione sin dalla sua nascita. Tutto ciò che gli verrà insegnato lo apprenderà in modo naturale, comprese le procedure relative alle diverse lingue senza che vi siano interferenze tra loro. Il bambino è in grado di discriminare tutte le distinzioni fonetiche che possono essere utilizzate dalle lingue del mondo, dintinguendole, anche se si trova ancora nella fase in cui non riesce a parlare.
Il cervello ha un calendario biologico per quanto concerne l’apprendimento linguistico. I complessi meccanismi del linguaggio situati nell’emisfero sinistro del cervello si sviluppano nell’infanzia e nella fanciullezza, prima della pubertà. Il giovane organismo possiede una capacità di acquisizione di nuovi meccanismi linguistici, che l’adulto non possiede più allo stesso grado. Questa “plasticità” del cervello nei primi anni di vita gli permette di imparare due o tre lingue senza che sia più difficile di quanto lo sia l’impararne una. E siccome una lingua si apprende anzitutto acusticamente è consigliato ai genitori di parlare al bambino nella seconda lingua sin dalla sua nascita, anche se ancora non è in grado di parlare nella sua lingua madre.

Quante  “lingue madri”?

Quando il bambino inizierà a parlare nella sua seconda lingua va comunque ricordato che per quanto sia legato ai suoi genitori e alla loro cultura, appartiene essenzialmente al Paese in cui vive. La sua lingua principale è quella della scuola, quella di ‘fuori’, la stessa che probabilmente parlerà di più da adulto. Cercando di rispettare il proprio figlio, il genitore non deve proiettare su di lui i propri desideri, ed è vitale che si riconosca il primato della lingua del Paese d’accoglienza nella vita presente e futura del figlio e un atteggiamento positivo, aperto e stimolante nei confronti dell’apprendimento di entrambe le lingue, ciò gli consentirà di trarre il massimo vantaggio dalla situazione. Se il genitore non accetta che il figlio parli la lingua locale meglio della propria, rischia di creare un problema che avvelenerà l’esistenza del bambino e quella di tutta la famiglia. Il genitore “straniero” deve essere determinato, ma rilassato, e non esercitare pressioni, ma perseverare e sapere che il bambino impara lo stesso ascoltando.
E’ quindi chiaro che la lingua del Paese d’accoglienza in quasi tutti i casi costituirà, per il bambino, uno strumento più raffinato, più elaborato, più efficace della lingua parlata a casa. Ma ciò non vuol dire che il bambino una volta divenuto adulto non possa raggiungere la stessa padronanza della prima lingua anche nella seconda, se l’apprendimento è avvenuto precocemente.
L’influenza dell’ambiente nell’apprendimento linguistico è fondamentale, perché la mente assorbente del bambino si orienta su questo, pertanto deve offrire interesse e attrattive a questa mente che si nutre per la propria costruzione. È dunque importante la modalità con cui l’adulto si accosta alla mente del bambino. Le difficoltà che incontrano i soggetti bilingui sono dovute per di più alle circostanze culturali che costituiscono la trama dell’ambiente del bambino. L’atteggiamento dei genitori e in misura minore quello dei parenti, degli amici e dell’insegnate determinano fortemente il modo in cui il bambino reagisce alle due lingue e a tutto ciò che esse rappresentano. Perciò è indispensabili la comprensione.
Quando il bambino ha l’impressione che uno dei genitori, o il suo maestro, consideri in modo negativo il fatto che impari due lingue, egli sente vacillare la fiducia in se stesso, le sue motivazioni e il suo senso dei valori. Gli effetti negativi si ripercuotono non solo poi sull’uso della lingua, ma anche nei rapporti umani. Tutta la sua personalità rischia di soffrirne perché il bambino impara e assimila una lingua con tutto se stesso (intelletto, emozioni e i sensi), e il suo essere ne esce trasformato. Il conflitto che può sentire tra le due lingue, vivendo in un contesto ambientale non positivo è indice di un conflitto interiore, e iniziare poi a rifiutare una di esse a forza è come rifiutare una parte di se stesso.
E’ la situazione all’origine del bilinguismo che può creare difficoltà in relazione alla famiglia, o tra la famiglia e la società, e il bambino associa inconsciamente tali contraddizioni all’una o all’altra lingua. In compenso, il figlio bilingue di una coppia mista riuscita, i cui due membri rispettano la lingua e cultura dell’altro, arricchirà moltissimo la personalità del figlio. Le due lingue coesisteranno in lui senza conflitto e senza tensioni. Ovviamente ogni caso e individuo rappresentano una situazione a sé, ed è naturale che prima o poi ogni individuo scelga la cultura e la lingua a cui si sente più vicino.

Difficoltà, consigli e soluzioni.

Per chi utilizza una lingua a casa che risulta essere diversa da quella a scuola, a volte può risultare più complesso esprimersi in un racconto, in una o nell’altra lingua, finché il bambino è ancora piccolo. Pertanto il bambino bilingue non è la somma di due monolingui perfetti in una sola testa, perché non ha mai le stesse esperienze e le stesse conoscenze in tutte le lingue che conosce.
Uno degli errori più comuni e più gravi degli insegnati monolingui  è quello di giudicare un bambino bilingue come se conoscesse soltanto una lingua, quella della scuola. In questo caso tutte le difficoltà che i bambini bilingui presentano a scuola, come ad esempio la difficoltà ad esprimersi fluentemente, la difficoltà ad utilizzare i termini più appropriati, la presenza di errori morfosintattici, non vengono considerate come tappe di un apprendimento linguistico di un bambino bilingue, ma come segni di carenze. L’educazione scolastica di un bambino bilingue non necessità misure pedagogiche straordinarie, perché questi bambini, come già detto, sono ‘normali’. Ciò che invece è necessario è una ‘rivoluzione copernicana’ nella formazione degli insegnanti che operano con bambini bilingui, dovrebbero conoscere i principi generali dell’educazione plurilingue.
Per giungere a un bilinguismo equilibrato si deve trasferire l’intera realtà rappresentata nella prima lingua, nella seconda. Sia che la lingua della comunità sia  in parte stabilizzata o meno, l’apprendimento della seconda avverrà almeno in parte comparativamente: con riferimenti e confronti, ai suoni, ai significati, ai costrutti della prima. Tuttavia, non sarà un apprendimento di tipo riflessivo ma un’assimilazione diretta della lingua assorbita continuamente dall’ambiente. In seguito il bambino prenderà coscienza di possedere due sistemi linguistici differenti, non appena si accorgerà di parlare due lingue, con diverse strutture fonemiche e regole grammaticali, allora parlerà l’una o l’altra lingua in funzione dell’interlocutore e del contesto. Nel caso in cui gli interlocutori siano bilingui, il bambino sceglierà la lingua che possiede meglio, nel caso la situazione lo richiedesse, si troverà a fare da interprete per la persona non bilingue.
Non esiste una ricetta globale per ottenere un figlio bilingue riuscito, tuttavia ci sono certi atteggiamenti, situazioni e attitudini più favorevoli di altri. I genitori possono anche decidere di parlare entrambi la lingua straniera con il figlio durante i suoi primi anni di vita perché diventi bilingue, l’importante è parlare al bambino senza mischiare la lingua del luogo con la propria, altrimenti rischia di non imparare correttamente l’uso di una e dell’altra lingua.
Questa soluzione presenta due vantaggi: innanzi tutto rafforza il peso relativo della lingua straniera che nel corso degli anni tende a cedere il posto alla lingua locale, inoltre la lingua straniera acquista prestigio agli occhi del bambino. Un’attenzione particolare va rivolta all’educazione scolastica del bambino bilingue rispetto ai monolingui. Le tappe fondamentali dello sviluppo del linguaggio sono simili nei bambini bilingui e monolingui, ciò che li differenzia è la padronanza e il numero del lessico che il bambino bilingue conosce nelle due lingue.
I vantaggi del bilinguismo sul piano pratico sono numerosi ed evidenti. Le persone bilingui da me intervistate, rilevano che il bilinguismo favorisce la comprensione, la tolleranza e l’apertura mentale nei confronti di altri popoli e di altri costumi; amplia la visione del mondo; permette di sentirsi a proprio agio con tutti i tipi di persone e nelle situazioni più disparate. Inoltre il bilingue possiede due lingue, due culture, due modi di vita, ciò non fa che arricchire la persona.

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