sabato 30 ottobre 2010

Dal sito: natidallospirito :La lettura della Scrittura come forma di eucaristia

La lettura della Scrittura come forma di eucaristia (Pavel Evdokimov)

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Come il “grande ingresso” della liturgia dei fedeli precede la comunione eucaristica, così il “piccolo ingresso” precede ciò che per i catecumeni sostituisce l’eucaristia: la consumazione eucaristica della Parola:
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangua ha la vita eterna
ma anche
Chi ascolta la mia Parola [...] ha la vita eterna (Gv 6,54; 5,24)
Già Clemente Alessandrino dichiara che bisogna nutrirsi della semente di vita contenuta nella Bibbia come si fa dell’eucaristia [1]. Origene fissa esattamente il senso ella manducazione della Scrittura [2], e la tradizione lo segue: si consuma “eucaristicamente” la “Parola misteriosamente spezzata” [3]. San Girolamo dice ugualemente:
Mangiamo la sua carne e beviamo il suo sangue nella divina eucaristia, ma anche nella lettura delle Scritture.[4]
San Gregorio di Nazianzo assimila la lettura della Scrittura alla consumazione dell’Agnello pasquale.
Questa maniera eucaristica di consumare la Parola presuppone l’epiclesi di ogni lettura [5]. La parola è viva per lo Spirito che in essa riposa, come si è posato sul Figlio, nel momento dell’Epifania. Bisogna perciò leggerla nella dimensione del Paraclito; Dio ha voluto che Cristo formasse il corpo nel quale le sue parole vengono a risuonare come parole di vita; Dio ha voluto che la tradizione della Chiesa formi il luogo nel quale Cristo parla e commenta le sue stesse parole. Al suo interno, dunque, cioè nella Chiesa, bisogna leggere e ascoltare. Solo la Chiesa conserva la Parola, poiché possiede lo Spirito che l’ha dettata, insegna Origene [6].
Così, ponendo la lettura nel cuore della liturgia dei catecumeni, l’insieme liturgico vuol suggerire, in analogia con la liturgia dei fedeli, che ogni lettura conduce alla presenza reale, all’incontro con il Verbo, alla sua comunione, consumazione eucaristica, sostanziale della Parola.
“Siamo attenti! Sapienza!”
La pericope presa dalle Lettere porta il nome di Apòstolos. Il detto ebraico diceva “Lo schaliah, l’apostolos di un uomo, è come un altro lui stesso”. Questo nome di apostolo significa dunque che, durante la lettura liturgica, è veramente l’apostolo a pronunciare questa lettura. L’incensazione dell’assemblea simboleggia la purificazione: purificata dall’apostolo, l’assemblea si prepara al mistero del Vangelo.
Fa’ che risplenda nei nostri cuori, o Signore amante degli uomini, la luce incorruttibile della tua divina conoscenza; aprici gli occhi della mente affinché possiamo intendere i tuoi precetti evangelici.
Questa preghiera prima della lettura esprime l’epiclesi scritturistica; chiedendo la luce pura, incorruttibile, essa chiede lo Spirito Santo, il dono della sua illuminazione, e si rifà a Luca e Giovanni:
Aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture [...] Manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso [...], lo Spirito che vi guiderà alla verità tutta intera (Lc 23,45-49; Gv 16,13)
E’ il metabolismo eucaristico delle Scritture nella parola di Dio, l’eucaristia scritturistica dei catecumeni.

Pavel Evdokimov

tratto da: P.E., L’uomo icona di Cristo, Ancora, pp. 115-117
[1] Stromati 1,1
[2] PG 131, 130-134
[3] PG 13, 1734. Cf. Giovanni Crisostomo, Sermone sulla Genesi, 6,2; Gregorio di Nazianzo, Discorsi, 45, 16
[4] Sull’Ecclesiaste, 3,13
[5] La preghiera rivolta al Padre perché invii lo Spirito Santo
[6] Su San Matteo, 14

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