lunedì 10 maggio 2010

Sugli arbresh: http://makj.jimdo.com/gli-arbreshe/

“Tali furono le condizioni degli Albanesi profughi in Italia ed in particolar modo delle generazioni successive, a mano a mano che si organizzarono nelle terre poco ospitali. Né le popolazioni finitime valsero a comprenderli ed alleviare le loro pene; anzi finirono addirittura col disprezzarli. Ciò e dimostrato da un detto calabrese:
Quannu vidi lu ghiegghiu e lu lupu
spara a lu ghiegghiu e lascia lu lupu.
Al quale detto infamante l’albanese risponde con giudizio sprezzante:
Derk e lëti mos e kllit nde shpì.

 Ed ai soprusi e alle imposizioni l’albanese rispose con la ribellione, col disprezzo e la violenza, perché era convinto che solo in tal modo, nella solidarietà più salda, potesse difendere la propria personalità, la memoria della terra natia, dell’eroe Scanderbeg, il patrimonio della tradizione, della Libertà e della giustizia…”4
“Io però sono più beata: Ho per velo il cielo con le stelle. La chesa mia è il sole. Ho per zoga il mare.”
Girolamo De Rada (1814/1903)


“Ed ai soprusi e alle imposizioni l’arbreshë rispose con la ribellione, col disprezzo e la violenza, perché era convinto che solo in tal modo, nella solidarietà più salda, potesse difendere la propria personalità, la memoria della terra natia, dell’eroe Scanderberg, il patrimonio della tradizione, della Libertà e della giustizia che la società e le leggi del tempo non riuscirono ad assicurare.”
Rodotà P. (sec. XVIII)


“Il Papa raccomandava ai vescovi latini di denunziare i vescovi, sorpresi a visitare i loro fedeli, e se possibile, carcerarli, traducendoli a Roma.”
D. Cassiano
(Si rifersce ai Vescovi ortodossi che ordinavano i preti italo-albanesi)

“I loro sacerdoti vengono ordinati dai vescovi orientali, senza l’autorizzazione del vescovo (latino) del luogo; si ritengono dipendenti giuridicamente dal Patriarca di Costantinopoli e dai vescovi orientali e non dal vescovo locale (latino); nella divina liturgia viene ricordato il nome del Patriarca (“scismatico ed eretico”) e non del Papa (…) rifiutano le indulgenze papali e del giubileo; hanno digiuni diversi da (noi) latini; usano il pane fermentato, invece dell’azzimo nell’Eucarestia… usano fare il segno di croce diversamente; Usano diverse sacre immagini nella loro pittura; dicono di trovare la salvezza (anche) fuori la chiesa latina; conferiscono il battesimo in tempi e con riti diversi dai latini (…) i loro sacerdoti impartiscono il crisma consacrato dai vescovi del Levante e ritengono di agire in veste di procuratori dei loro vescovi lontani”
Ludovico Owen (vescovo latino di Cassano 1593)


"Queste sono solamente una piccolissima sequenza di tutto ciò che i Latini (Litiri) hanno fatto subire al popolo arbresh, per ultimo lo hanno, con la violenza, annesso alla fede cattolica, aborrita, odiata e detestata dal nostro popolo. 
E' tempo che il nostro popolo memore di tutto ciò che ha dovuto subire, abbandoni il cattolicesimo, per tornare alla sua vera Fede: l'Ortodossia.
I tempi sono maturi perchè ciò avvenga, le ferite ancora non si sono rimarginate, ancora subiamo l'arroganza dei cattolici. 
E se il clero vuole rimanere fedele al papa, poco importa. A noi interessa che sia il popolo a ritornare alla fede dei padri, di coloro che abbandonando la terra d'origine, portarono appresso la Santa Ortodossia." (P. Giovanni Capparelli)

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