venerdì 26 febbraio 2016

Dal sito del nostro Confratello di Torino Padre Ambrogio.

Sulla stoltezza dello scisma
dal blog del sito Orthodox England
24 febbraio 2016
 
 

 Tra alcuni vi è ora quasi un'isteria – come avevamo previsto nel nostro articolo dopo il rilascio dei progetti dei documenti per la riunione di Creta – per quanto riguarda i rapporti tra la Chiesa e il mondo eterodosso. Questa isteria è iniziata quando i progetti dei documenti sono stati resi pubblici, ma da allora c'è stato anche l'incontro tra il patriarca Kirill e papa Francesco e la loro dichiarazione congiunta. Quello che abbiamo visto finora è che alcune persone semplici e poco istruite, che vedono tutto in termini di bianco e nero, a volte per insicurezza nella fede, a volte per un'incredibile mancanza di fede e di lealtà, sono state molto turbate dalla vaghezza delle espressioni usate nei documenti prodotti da entrambi gli eventi. Siamo d'accordo che la vaghezza della terminologia è da evitare, ma non saremo mai d'accordo con chi crea uno scisma per questioni di vaghezza.
Il Vangelo di san Matteo ci dice che dobbiamo essere 'prudenti come serpenti e semplici come colombe'. A sinistra ci sono quelli che sono solo colombe e a destra ci sono quelli che sono solo serpenti. Ci è stato detto di amare il peccatore ma di odiare il peccato. A sinistra ci sono quelli che amano il peccatore, ma amano anche il peccato. A destra ci sono quelli che odiano il peccato, ma odiano anche il peccatore. In altre parole, coloro che hanno creato scismi a causa della vaghezza delle parole, mancano di sottigliezza e hanno reagito in modo esagerato – proprio come voleva il nemico. E sono caduti nelle mani del nemico! Qual è il vero problema?
Il vero problema è molto semplice: il patriarcato di Costantinopoli per tutto il XIX secolo è stato un giocattolo degli ambasciatori inglesi e francesi a Istanbul, e la loro rivalità per il controllo è stata sfruttata dagli ottomani. Nei primi anni '20 gli anglicani hanno effettivamente consegnato 100.000 sterline per far eleggere patriarca Melezio Metaxakis, che era divenuto massone tra i britannici. Questi ha poi imposto vari cambiamenti modernisti e anti-ortodossi, per i quali è stato cacciato dalla città da parte dei fedeli infuriati, anche se troppo tardi. Tuttavia, nel 1948, con la Gran Bretagna in bancarotta, gli Stati Uniti hanno preso il controllo del patriarcato di Costantinopoli. Il defunto vescovo greco di Birmingham in Inghilterra era diacono del patriarca in quel momento e ci ha raccontato la storia di cui è stato testimone oculare.
Arrivato sull'aereo personale del presidente Truman (quello che aveva massacrato quasi 250.000 civili giapponesi con solo due bombe in tre giorni), un gruppo di gangster della CIA (non c'è altro termine per definirli) ha detto al patriarca Maximos che doveva ritirarsi in Svizzera e che se avesse resistito sarebbe stato torturato e ucciso. Se n'è andato, dicendo le parole, 'La Città (= Costantinopoli) è persa'. Sullo stesso aereo sedeva il successivo patriarca, il massone dell'arcidiocesi greca degli Stati Uniti, il famigerato arcivescovo modernista Atenagora. Da quel momento la città di fatto è stata perduta.
L'elite degli Stati Uniti vuole neutralizzare la Chiesa ortodossa, proprio come ha fatto con il cattolicesimo romano 50 anni fa, amalgamandone la maggior parte alla malleabile cultura giudaico-protestante, spiritualmente vuota, dell'Occidente. Questa invasione di qualsiasi 'religione organizzata' è solo una scusa per il piano a lungo termine, già evidente negli anni '60, di promuovere il secolarismo e attraverso di esso l'anti-cristianesimo. Per neutralizzare la Chiesa ortodossa, l'elite degli Stati Uniti sta usando il 'ventre molle' della Chiesa, gli elementi nel Patriarcato di Costantinopoli che sono stati deboli sin dal tradimento del XV secolo al 'Concilio' di Firenze, e anche altrove, interferendo nelle elezioni patriarcali.
Purtroppo per l'elite degli Stati Uniti, il piano è destinato al fallimento (anche se può creare molto caos e divisione sul suo percorso). Questo perché la Chiesa ortodossa è la Chiesa, non una 'religione organizzata', vale a dire, non è un club clericale gerarchico, come le denominazioni protestanti o il cattolicesimo. Con costoro, tutto ciò che hanno dovuto fare era infiltrare i leader presenti e futuri, l'episcopato o il Vaticano, spargendo in giro un po' di soldi, ricattando i corrotti, e ottenendo il completo controllo. Nella Chiesa ortodossa, d'altra parte, l'episcopato è solo una piccola parte della Chiesa. Possiamo già vedere come il piano degli Stati Uniti sta fallendo:
In primo luogo, la Chiesa russa ha insistito che nessun documento possa essere accettato da ogni futuro 'Concilio', senza l'unanimità. Alcuni individui nel patriarcato di Costantinopoli, spinti da Biden, hanno lanciato una campagna di propaganda utilizzando chierici greci negli Stati Uniti e i media supini e controllati dallo Stato negli Stati Uniti, per dipingere la Chiesa russa come il cattivo che vorrebbe sabotare il 'Concilio', perché non vuole l'amicizia con i non ortodossi, e in ogni caso, è 'solo uno strumento dello Stato russo'. A questo lo scorso settembre la Chiesa russa ha risposto organizzando l'incontro di febbraio tra il patriarca Kirill e il vescovo di Roma.
In secondo luogo, la Chiesa russa e altre hanno escluso l'ordine del giorno pro-gay che Obama e Kerry hanno cercato di imporre al futuro 'Concilio'. Questa è stata una sconfitta per coloro che stavano cercando di promuoverlo per motivi personali.
In terzo luogo, la Chiesa russa ha costretto gli individui nel patriarcato di Costantinopoli a fare un'umiliante marcia indietro accettando il metropolita Rostislav come capo della Chiesa dei cechi e degli slovacchi.
In quarto luogo, la Chiesa russa ha obbligato il patriarcato di Costantinopoli a promettere di non interferire mai in Ucraina, come il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti lo stava spingendo a fare.
In quinto luogo, la Chiesa russa ha costretto a spostare la sede della riunione dai locali sorvegliati dalla NATO a Istanbul, pieni di microfino della CIA, a Creta. Qui il controllo dei microfoni nei locali può essere effettuato dagli uomini della sicurezza russi.
In sesto luogo, il patriarca di Costantinopoli ha ora dichiarato che non tutte le Chiese locali devono essere rappresentate perché ci sia un Concilio. La Chiesa russa e altre stanno resistendo, e rifiutano qualsiasi modifica all'accordo iniziale.
In ogni occasione la Chiesa russa ha risposto ai tentativi di indebolire l'Ortodossia e ha vinto la giornata.
Le teste calde che sono troppo semplici per capire queste cose e stanno entrando in scisma o lo stanno promuovendo, non sono di mente strategica, ma di mente letteralista. Il loro pericolo è di cadere nel fariseismo – un nemico della Chiesa. Il fariseismo divide sempre, che è esattamente ciò che il diavolo vuole, perché indebolisce la Chiesa. Oggi i progetti di documenti per la riunione di Creta sono fatti a pezzi dalle Chiese di Georgia e di Antiochia, per non parlare della severa critica che stanno subendo in tutto il mondo ortodosso, non da ultimo in Grecia e a Cipro. Per il momento almeno la Chiesa russa può lasciare che le altre si occupino di protestare contro i progetti dei documenti a Creta.

mercoledì 24 febbraio 2016

https://mospat.ru/it

Agire da fratelli, non da concorrenti

Il 12 Febbraio 2016 si è svolto a L’Avana il primo incontro del Patriarca di Mosca e di tutta la Russia con il Papa, incontro che era all’ordine del giorno delle relazioni tra le due Chiese già da 20 anni. Il metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento di le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, in quest’intervista rilasciata a “Interfax-Religion”, fa un bilancio dell’incontro e spiega se esso potrà aiutare a risolvere i problemi aperti tra le due Chiese, se si debba temere un riavvicinamento con i cattolici, se si possano prevedere una visita del Papa in Russia e del patriarca a Roma.

– Eminenza, come valuta i risultati dell’incontro del Patriarca Kirill con Papa Francesco?
– E’ stato detto molto del fatto che questo è il primo incontro nella storia, che un tale incontro non c’è mai stato. Ma credo che la cosa più importante stia nel contenuto dell’incontro. Naturalmente, fa piacere vedere il Papa e il Patriarca insieme, che parlano in un ambiente fraterno, sorridendo l’uno all’altro. Ma la cosa più importante è il contenuto sostanziale della riunione, che si riflette pienamente nella dichiarazione congiunta firmata dal Papa e dal Patriarca. Credo che la dichiarazione resterà ancora a lungo come un faro, che servirà da orientamento per le due tradizioni cristiane, ortodossa e cattolica.
Nella dichiarazione sono state dette parole importanti, sul Vangelo come base comune per i fedeli d’Oriente e d’Occidente, e su come mettere in pratica i comandamenti evangelici nelle condizioni della vita moderna. Questa dichiarazione è una guida, un vademecum per l’azione.

– Quanto questo evento storico potrà aiutare a risolvere il problema principale nelle relazioni tra le due Chiese, quello dei greco-cattolici in Ucraina?
– I giorni scorsi i media hanno diffuso la reazione dell’arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina alla dichiarazione comune del Papa e del Patriarca. E’ stata una reazione molto negativa, molto offensiva, non solo per noi, ma anche per il Papa. Queste dichiarazioni dimostrano che la dirigenza della Chiesa greco-cattolica ucraina resta fedele, come si dice, al suo solito repertorio. Non sono disposti ad ascoltare non solo la voce del nostro Patriarca, ma anche la voce del Papa.
Hanno la loro agenda politicizzata, i loro clienti che pongono loro dei compiti concreti, e loro fanno quanto viene loro richiesto, e anche il Papa non ha alcuna autorità per loro.

– Che passi comuni si possono fare per trovare un’intesa coi greco-cattolici? Forse si potrebbe costituire una commissione mista della Chiesa russa con la Chiesa cattolica?
– L’idea di creare una sorta di commissione che aiuti a risolvere il problema dell’uniatismo, effettivamente, esiste. Ma è difficile immaginare i compiti specifici di questa commissione, soprattutto considerando l’atteggiamento dei capi della chiesa greco-cattolica.
All’inizio degli anni ‘90, è stata creata una commissione quadripartita per risolvere i problemi concreti, pratici, di convivenza tra ortodossi e greco-cattolici in Ucraina occidentale. Ma i greco-cattolici sono usciti in maniera unilaterale da questa commissione, non hanno voluto parteciparvi. Penso che questo sia dovuto al fatto che loro non vogliono percorrere quel cammino che il Papa e il Patriarca ci indicano nella loro dichiarazione congiunta.
Il percorso che propongono il Papa e il Patriarca è un percorso di cooperazione in quelle aree in cui tale cooperazione è possibile. E’ un cammino di rinuncia alla concorrenza e di passaggio a un rapporto fraterno. Ma i greco-cattolici non vogliono questo. La loro retorica è aggressiva, ostile, sfrontata, ed è in netto contrasto non solo con il contenuto della dichiarazione, ma anche con il suo stile, con il suo messaggio pastorale, con quello spirito di riconciliazione che emana dalla dichiarazione.

– Un tema che interessa particolarmente i giornalisti: dobbiamo aspettarci una visita del pontefice in Russia?
– Questo argomento non è stato discusso nella riunione del Papa e del Patriarca. Forse è un argomento che interessa molti, ma non ho avuto l’impressione che interessi il Papa. Per lo meno, non se ne è parlato nell’incontro. Per ora non si parla di una venuta del Papa a Mosca, o del Patriarca a Roma. Si parla invece del fatto che dobbiamo far crescere la cooperazione, approfondire la comprensione reciproca, cercare di superare nel più breve tempo possibile il negativo che si è accumulato nei rapporti tra ortodossi e cattolici, e lavorare per la convergenza a livello dei cuori e delle menti. E poi il tempo ci farà vedere come agire. Credo che, quando le condizioni saranno mature per un altro incontro, allora decideremo quando e dove farlo.

– Prevedono le due Chiese di sviluppare scambi a livello di pellegrinaggi?
– Nel corso della riunione del Papa col Patriarca è stato detto che dobbiamo essere più aperti gli uni agli altri per quanto riguarda i pellegrinaggi. Ad esempio, ogni giorno c’è un notevole flusso di pellegrini ortodossi a Bari, per le reliquie di San Nicola. E anche i santuari ortodossi sono visitati da pellegrini della Chiesa cattolica. Ma possiamo intensificare questi due flussi, perché è molto importante che le persone si incontrino, e gli uni possano avere accesso ai luoghi santi che si trovano nel territorio degli altri.

– E’ possibile che siano portate in Russia da Roma le reliquie degli apostoli Pietro e Paolo, o quelle di San Giacomo dalla Spagna?
– Penso che sia del tutto possibile. E penso che se le reliquie dei santi che sono venerati nella nostra Chiesa e sono custodite dai cattolici, saranno portate in Russia, i nostri fedeli ne saranno molto contenti. Naturalmente, è possibile anche il movimento inverso, cioè, che reliquie della Chiesa ortodossa russa possano essere portate per qualche tempo in Occidente, in modo che i fedeli della Chiesa cattolica le possano venerare.

– Le pare che questo sia possibile in un futuro non troppo lontano?
– Mi auguro che il primo scambio di reliquie si realizzi già nel corso di quest’anno.

– Come difenderanno ora i valori morali tradizionali le due Chiese?
– Per quanto riguarda la tutela dei valori morali tradizionali, in questo ci troviamo in piena unità con la Chiesa cattolica. Noi capiamo il matrimonio come unione tra un uomo e una donna per la nascita e la crescita dei figli. Crediamo che occorra proteggere la vita umana dal concepimento fino alla morte naturale. Siamo contrari all’aborto. E parole molto forti sono state espresse nella dichiarazione congiunta in difesa della vita, a tutela del diritto di ogni persona alla vita. Credo che in questi settori dovremo rafforzare la nostra cooperazione.

– I giorni scorsi è stato reso noto che il Nunzio apostolico in Russia, monsignor Ivan Jurkovic, sarà trasferito da Mosca a Ginevra. Ha qualcosa a che fare questa decisione con l’incontro del Patriarca col Papa? Si sa chi sarà il prossimo Nunzio in Russia?
– Non sappiamo chi sarà il prossimo Nunzio. Il fatto che l’arcivescovo Ivan Jurkovic sia stato nominato a Ginevra, io l’ho appreso dai media. La nomina dei nunzi è un affare interno del Vaticano, del Vaticano come Stato. Il Nunzio Apostolico è l’ambasciatore del Vaticano presso un altro Stato. Perciò la nomina dei nunzi non è una questione che riguarda i rapporti tra le Chiese.
Non si deve in nessun caso interpretare questa nomina come dovuta a una nostra scontentezza nei confronti del Nunzio attualmente in carica. Al contrario, noi abbiamo avuto un ottimo rapporto con il Nunzio Ivan Jurkovic, come con il suo predecessore. Non abbiamo alcuna rimostranza nei suoi confronti e gli siamo grati per la cooperazione costruttiva. Credo che la sua nomina sia dovuta unicamente al ritmo secondo cui i nunzi, come gli altri ambasciatori, vengono sostituiti, dopo aver prestato servizio in una sede, generalmente, per quattro anni. Solo un paio di giorni prima della nostra partenza per L’Avana, il Nunzio Ivan Jurkovic è stato ospite della trasmissione televisiva che conduco, e abbiamo avuto una bella chiacchierata. Avevo sentito dire che si stava preparando la sua nomina da qualche parte, ma non ho avuto la possibilità di chiederglielo.

– Alcuni ortodossi hanno paura di un riavvicinamento con i cattolici, vedendo in questo il pericolo di una completa fusione delle Chiese ortodossa e cattolica. Cosa può dire a queste persone?
– Prima di tutto, vorrei consigliare loro di leggere con attenzione la dichiarazione del Papa e del Patriarca, che fa vedere quali sono stati i temi della conversazione. Non c’è stato alcun tentativo di riavvicinamento dottrinale e non si è discusso di nessuna questione dogmatica o teologica. E anche ora, questo tipo di discussioni non sono all’ordine del giorno. La dichiarazione inizia con la considerazione che la perdita dell’unità chiestaci da Dio infrange il comandamento di Cristo, espresso nella sua ultima preghiera, la preghiera sacerdotale: “Che tutti siano uno”. Purtroppo, i cristiani non sono stati in grado di mantenere questa unità, i cristiani d’Oriente e d’Occidente sono divisi e non condividono l’Eucaristia.
Ora però non si tratta di superare questa divisione, ma di imparare a vivere e agire nel mondo non come rivali, ma come fratelli, a proteggere insieme quei valori che per noi sono comuni, a predicare insieme il Vangelo, a testimoniare a tutti la verità di Dio. E questo è ciò che possiamo fare insieme oggi. Mi sono piaciute le parole che Raul Castro ha detto al Patriarca Kirill, quando il patriarca si è riferito all’imminente incontro con il Papa. Il presidente Raul ha citato un proverbio che dice che qualsiasi viaggio, anche il più lungo, comincia con il primo passo. Questo primo passo è stato fatto, e ora spero che su questa lunga strada i fedeli delle due tradizioni si metteranno a camminare insieme, senza dover fare nessun compromesso con la propria coscienza, senza compromessi dottrinali, ma difendendo quello che per noi è comune.

 

Gradita visita alla nostra Chiesa Parrocchiale Ortodossa, San giovanni di Kronstadt in Castrovillari, ieri martedi 23.2.2016,  accompagnata dalla nostra Fedele  Elena, di Natalia Semjonova proveniente da Bari.
Alcune foto scattate durante la visita. 









 

lunedì 15 febbraio 2016

Chiesa Ortodossa - San Arsenio di Cappadocia - Patriarcato di Mosca - Altomonte (CS)

Stiamo per arrivare......... foto scattate questa mattina presso la nostra futura Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Mosca in Altomonte (cs). Intelaiatura della futura ikonostasi, purtroppo per causa di spazio ad una sola porta, quella Santa (centrale).







domenica 14 febbraio 2016

Divina Liturgia di oggi domenica 14.2.2016



http://www.ortodossiatorino.net

Sul nuovo e il vecchio calendario
Relazione dell'arcivescovo Serafim (Sobolev) di Boguchar al Concilio di Mosca (8-18 luglio 1948)
pravoslavie.ru
8 febbraio 2016
 


La seguente traduzione di un testo teologico del neo-canonizzato san Serafino (Sobolev) di Boguchar è stata pubblicata sul sito web della diocesi vecchio-calendarista greca di Etna e Portland. Si tratta della relazione dell'arcivescovo Serafim al Congresso di Mosca del luglio 1948, dove il tema dell'ecumenismo era stato discusso a lungo.
[A causa della lunghezza e della complessità delle note nel testo originale, non le abbiamo riprodotte qui. La presenza di una nota a piè di pagina è contrassegnata da un asterisco. Le note in questo testo iniziano con il numero 18 nel testo originale.]
* * *
Uno degli scienziati che hanno indagato sul tema del nuovo e del vecchio calendario, E. B. Predtechenskij, membro a pieno titolo della Società astronomica russa, sostiene che solo a partire dal periodo del Rinascimento la gente in Occidente ha cominciato a interessarsi al calcolo della data della Pasqua, tra le altre questioni scientifiche.
"Purtroppo", ha dichiarato, "anche se a malapena capivano i dettagli della regola alessandrina, e anche se erano probabilmente lontani dal comprenderla come avrebbero dovuto, i pascalisti occidentali vollero riformare questa regola entro un breve periodo di tempo e con arroganza tentarono di correggere un'opera superbamente eseguita... Se il periodo del Rinascimento era cominciato simultaneamente in Europa occidentale e orientale, se le circostanze difficili non avessero bloccato la formazione intellettuale quasi al punto di estinguerla nelle antiche Chiese cristiane di Bisanzio, ...se le tradizioni alessandrine le tradizioni e l'erudizione dei primi secoli non fossero giunte alla fine in Oriente, allora è certo che Papa Gregorio XIII non avrebbe mai potuto fare quello che ha fatto".
A queste parole di Predtechensky dovremmo aggiungere che l'emergere della riforma del calendario di papa Gregorio XIII è stata causata non solo dal fatto che i pascalisti occidentali non avevano assimilato la regola alessandrina o il metodo di calcolo della Pasqua, e mancavano della necessaria comprensione, ma anche dal crollo dell'erudizione in Oriente, e soprattutto, dalla mancanza in Occidente della fede nella Santa Chiesa, e più precisamente, dalla loro incapacità di credere che in essa lo Spirito Santo vive e respira come fonte di ogni verità.
Se la Chiesa cattolica romana avesse posseduto questa fede, allora non si sarebbe impegnata, nella persona dei suoi papi e dei suoi pascalisti esperti, a modificare i canoni su cui si basa il computo pasquale del vecchio calendario, in cui lo Spirito Santo ha espresso una verità non soggetta a modifiche. Abbiamo in mente in primo luogo il settimo Canone apostolico:
Se qualche vescovo, presbitero o diacono celebrerà il giorno sacro della Pasqua prima dell'equinozio di primavera, insieme con gli ebrei, che sia deposto.
Questa ingiunzione è menzionata anche nel primo Canone del Concilio di Antiochia:
Tutti coloro che hanno il coraggio di mettere da parte il decreto del Santo e Grande Concilio riunito a Nicea, alla presenza dell'imperatore Costantino, amato da Dio, per quanto riguarda la santa e salvifica festa della Pasqua; se essi persistono polemicamente nel contrastare quello che fu allora giustamente ordinato, che siano scomunicati e scacciati della Chiesa (questo se sono laici). Ma se uno di coloro che presiedono nella Chiesa, sia egli vescovo, presbitero o diacono, osasse, sulla scia di questo decreto, esercitare il proprio giudizio privato per sovvertire il popolo e disturbare le chiese, osservando la Pasqua insieme con gli ebrei, il santo Concilio decreta che egli allora in poi sia alieno dalla Chiesa, come uno che non solo porta peccati su di sé, ma che è anche la causa della distruzione e della sovversione di molti; e non solo depone queste persone dal loro ministero, ma anche coloro che, dopo la loro deposizione avranno il coraggio di fare comunione con loro. E i deposti siano privati anche di quell'onore esterna, di cui sono partecipi i santi Canoni e il sacerdozio di Dio.
Questo Canone del Concilio di Antiochia ci colpisce come particolarmente degno di nota, perché non solo proibisce la celebrazione simultanea della Pasqua con gli ebrei, ma dimostra anche che tale divieto è stato registrato nel decreto del primo Concilio Ecumenico. A dire il vero, questo decreto sinodale non è giunto fino a noi, ma una nota epistola dell'imperatore Costantino il Grande a tutti i vescovi che non erano presenti al Concilio Ecumenico di Nicea si riferisce al suo contenuto. *
Citiamo la sostanza del decreto di Nicea, come stabilito nell'interpretazione del primo Canone del Concilio di Antiochia dal vescovo Nikodim (Milaš), un interprete dei sacri Canoni riconosciuto da tutta la Chiesa: *
Il Concilio a Nicea si occupò dell'esame di questo problema (il tempo per la celebrazione della Pasqua) allo scopo di evitare, per mezzo di una decisione comune, tutte le discordie che potevano derivare da questa materia, e di restituire armonia a tutta la Chiesa. In primo luogo, sulla base del settimo Canone Apostolico e dell'insegnamento della Scrittura a proposito del settimo giorno, i Padri sinodali hanno deciso sui seguenti punti: (1) la Pasqua cristiana deve sempre essere celebrata di domenica, (2) questa domenica dovrebbe essere dopo la prima luna piena dopo l'equinozio di primavera, e (3) se dovesse accadere che la Pasqua ebraica sia celebrata in questa domenica, allora la Pasqua cristiana dovrebbe essere trasferita alla domenica immediatamente successiva. *
A tutte queste prescrizioni canoniche della Chiesa ortodossa dobbiamo aggiungere anche il settimo Canone del secondo Concilio Ecumenico e l'analogo novantacinquesimo Canone del Concilio in Trullo (Penthekte), che hanno decretano come gli eretici dovrebbero essere ricevuti nella Chiesa:
Coloro che provengono dagli eretici e hanno aderito all'Ortodossia e alla parte di quelli che si salvano, li riceviamo secondo il seguente ordine e uso. Ariani, macedoniani, sabbaziani, novaziani, tessareskaidekatitai [quartodecimani] o tetraditai, e apollinariani, li riceviamo con la loro presentazione delle dichiarazioni di fede e con il loro rigetto di ogni eresia che non concorda con la Santa Chiesa Cattolica e Apostolica di Dio; e prima di tutto, li ungiamo con santo crisma sulla fronte, gli occhi, le narici, la bocca e le orecchie, e sigillandoli diciamo: "Sigillo del dono dello Spirito Santo".
Come si vede qui, i quartodecimani, vale a dire, i cristiani che celebravano la Pasqua insieme con gli ebrei il 14 di Nisan, sono chiaramente chiamati eretici e sono collocati nella stessa categoria degli ariani e di altri grandi eretici, e per questo motivo, nel caso del loro pentimento, devono essere ricevuti nel seno della Chiesa attraverso la cresima (o essere ri-cresimati). *
Vedete dove porta la violazione dei canoni sul tempo per festeggiare la Pasqua. Dalle suddette prescrizioni canoniche della Chiesa ortodossa è chiaro che noi dobbiamo mantenere tali canoni con riverenza, senza alcuna alterazione. Per questo motivo, il ventunesimo Canone del Concilio di Gangra dice:
Ci auguriamo che tutte le cose che sono state tramandate dalle divine Scritture e dalle tradizioni apostoliche siano osservate nella Chiesa.
E il secondo Canone del sesto Concilio Ecumenico:
Che a nessuno sia consentito di falsificare o mettere da parte i canoni di cui sopra [degli Apostoli, dei Concili ecumenici e locali, e dei santi Padri], o di accettare canoni diversi da quelli qui specificati, compilati in una trascrizione spuria da alcune persone che hanno tentato di manipolare la verità.
Tale mantenimento costante e inflessibile dei Canoni è richiesto dal settimo Concilio Ecumenico, il cui primo Canone afferma:
Abbracciamo volentieri i Canoni Divini e manteniamo tutti i loro precetti, completi e senza modifiche, se sono stati stabiliti da quei luminari dello Spirito, gli Apostoli degni di ogni lode, o dai sei Concili Ecumenici, o dai Concili localmente riuniti per promulgare tali decreti, o dai nostri santi Padri; tutti costoro infatti, illuminati dallo stesso Spirito, hanno ordinato cose che erano convenienti; e su quanto hanno scagliato un anatema, noi allo stesso modo scagliamo i nostri anatemi; coloro che essi hanno deposto, li deponiamo anche noi; coloro che essi hanno scomunicato, li scomunichiamo anche noi...
Da tutte le suddette prescrizioni canoniche è evidente in quale grande peccato sono caduti i cattolici romani quando hanno annullato i sacri Canoni che ci proibiscono di celebrare la Pasqua insieme con gli ebrei. Questo è un peccato di bestemmia contro lo Spirito Santo, che Dio non perdona, né nella vita presente né nella vita a venire. Infatti, lo stesso Spirito Santo, Dio, parla attraverso i sacri Canoni, perché le prescrizioni canoniche, così come quelle dogmatiche, dei Concili ecumenici sono state composte secondo le parole della divina Scrittura: "È sembrato giusto allo Spirito Santo e a noi." *
E lo Spirito divino, attraverso gli Apostoli, i Concili ecumenici e i santi Padri, non ha decretato verità canoniche in modo che noi possiamo in seguito correggerle e modificarle, come se fossero, presumibilmente, imperfette ed erronee. Un tale atteggiamento nei confronti dei sacri canoni è del tutto inaccettabile e blasfemo.
Così, la Chiesa cattolica romana è colpevole di aver direttamente violato e annullato i sacri canoni, celebrando la Pasqua nel 1805, 1825, 1903, 1923, 1927, e in molti altri anni in concomitanza con la Pasqua ebraica. *
E, peggio ancora, il nuovo calendario (gregoriano) decreta che la Chiesa cattolica romana sia in contrasto con il Vangelo attraverso la sua distorsione del racconto evangelico. È chiaro dal Vangelo che la Pasqua cristiana ha avuto luogo dopo la Pasqua ebraica.
Ma i papisti, con le loro nuove regole per la determinazione della Pasqua, non solo celebrano regolarmente la Pasqua insieme con gli ebrei, ma spesso prima di loro, come è accaduto nel 1845, 1853, 1856, 1891, 1894, e in molti altri anni. * Nel 1921, la Pasqua ebraica è caduta il 10 aprile, mentre i papisti hanno celebrato la Pasqua il 14 marzo, vale a dire, quasi un mese prima della Pasqua ebraica! *
Ma se, sulla base dei sacri canoni, è impossibile per noi accettare il nuovo calendario nella sua interezza, per la stessa ragione è impossibile per noi cristiani ortodossi accettare il nuovo calendario sotto forma di un compromesso. *
Questo compromesso è stato percepibile recentemente nella vita di alcune Chiese ortodosse e consiste nel fatto che la Pasqua si celebra secondo il vecchio Paschalion ortodosso, mentre tutte le feste fisse si celebrano secondo il nuovo calendario. Ma un calendario misto del genere non può assolutamente essere accettato dagli ortodossi, perché dà contemporaneamente luogo anche a violazioni di altre ordinanze ecclesiastiche che si trovano nel Tipico, e che dobbiamo osservare religiosamente e con fermezza, dato che non dovremmo discostarci dall'obbedienza alla nostra Madre, la Chiesa.
I nuovi calendaristi sono colpevoli di tale disobbedienza. Lo diciamo tenendo conto della loro trasgressione delle indicazioni del Tipico per quanto riguarda le feste fisse. La Chiesa ha ordinato i limiti temporali entro i quali possono essere celebrate le feste fisse che cadono durante la Grande Quaresima. Così, per esempio, la festa del venerabile Precursore (il primo e il secondo ritrovamento del suo capo) fluttua tra il mercoledì della settimana del Carnevale (limite inferiore) e il martedì della quarta settimana del digiuno (limite superiore). * Ma i nuovi calendaristi hanno rimosso questi limiti, perché celebrano tutte le feste fisse tredici giorni prima.
La stessa cosa accade con la festa dell'Annunciazione (25 marzo). Secondo le istruzioni del Tipico, l'Annunciazione si celebra nel periodo compreso tra il giovedì della terza settimana del digiuno e il mercoledì della settimana luminosa. * Ma con l'introduzione del nuovo calendario, il periodo durante il quale l'Annunciazione può essere celebrata inizia il venerdì della prima settimana del digiuno e si estende solo fino al giovedì della sesta settimana del digiuno.
Ma il peccato dei nuovi calendaristi per quanto riguarda le esigenze della Chiesa e del suo Tipico non si ferma a questo. Il loro atteggiamento negativo verso i limiti designati per la celebrazione delle grandi feste li conduce in una violazione ancora più grave del Tipico.
La Chiesa ha previsto la coincidenza di alcune delle grandi feste con feste mobili o con vari giorni della Quaresima. In tutti questi casi, ha decretato un ordine liturgico preciso. Ma nel violare i limiti designati, i nuovi calendaristi devastano anche l'ordine liturgico della Chiesa ortodossa.
Per questo motivo, i nuovi calendaristi non potranno mai più celebrare l'Annunciazione durante la Grande Settimana e, per lo stesso motivo, non possono celebrare la "Kyriopascha", cioè, la coincidenza dell'Annunciazione con la Pasqua, e in questo modo violano chiaramente il Tipico.
Una trasgressione particolarmente scioccante del Tipico da parte dei nuovi calendaristi si può osservare in relazione con la festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo. La santa Chiesa onora questi grandi apostoli a tal punto che si prepara per la loro festa (29 giugno), con un digiuno che dura da otto a quarantadue giorni. Ma con l'introduzione del nuovo calendario, questo digiuno, in contrasto con il Tipico, è sempre abbreviato. E quando si celebra la Pasqua nel periodo dal 20 al 25 aprile, il digiuno degli Apostoli è completamente abolito, perché terminerebbe prima del suo inizio! *
Si potrebbe dire che questa violazione del Tipico non costituisce un grave peccato, in quanto non comporta alcuna violazione del dogma. Ma le parole di Cristo, "Se rifiuta di ascoltare anche la chiesa, che sia per te come un pagano e un pubblicano" *, non si riferiscono alla violazione di una o un'altra verità dogmatica della nostra fede. Eppure, secondo la testimonianza di queste stesse parole divine, chiunque di noi non mostra obbedienza alla Chiesa deve esserne staccato, ed entra nei ranghi dei grandi peccatori, perché nel caso in questione, è imposta la punizione più severa: l'eclusione dalla Chiesa. Inoltre, attraverso il loro disprezzo per il suo Tipico, i nuovi calendaristi commettono il peccato di disobbedienza alla Chiesa pubblicamente e sfacciatamente.
Dal punto di vista della fede ortodossa, un tale atteggiamento di disprezzo verso il Tipico non è ammesso per i figli della santa Chiesa, proprio come qualsiasi violazione delle sue ordinanze dogmatiche o canoniche è inammissibile. E questo è abbastanza comprensibile.
Proprio come il disprezzo per le ordinanze dogmatiche o canoniche porta all'alienazione dall'Ortodossia, così anche il disprezzo per il Tipico porta a tale alienazione. In verità, il Tipico costituisce, per noi, una legge sacra, che ci dà una guida nei nostri servizi, feste, e digiuni graditi a Dio. Il Tipico è un libro sacro, collegato con il nome di un eccezionale vaso di grazia, san Sava il Santificato, ed è stato accettato dalla Chiesa ortodossa come uno dei suoi libri di base. Il Tipico non è altro che la voce della nostra Madre, la Chiesa. * E noi non dobbiamo mantenere un atteggiamento di disprezzo nei confronti di questa voce, ma, piuttosto, un'obbedienza incrollabile e senza esitazioni, se vogliamo essere fedeli e dedicati alla Santa Chiesa e a tutti i suoi canoni ortodossi.
Cosa ci guadagniamo a seguito della violazione di questo libro sacro attraverso l'introduzione del nuovo calendario? Se usiamo l'ordine del nuovo calendario per stabilire nuove date per le nostre feste, digiuni, e servizi, allora in questo modo testimonieremo che il nuovo calendario è ecclesiasticamente corretto, mentre è il tipico che si sbaglia. E questo, nonostante il fatto che sappiamo che il Tipico deriva dalla Chiesa ortodossa, la stessa Chiesa in cui gli apostoli hanno posto come in un tesoro prezioso tutto ciò che riguarda la verità. E questo, nonostante il fatto che siamo ben consapevoli che la suddetta violazione del Tipico deriva dai papisti, avvolti nel buio di ogni eresia ed errore.
Come prole del papismo e come fenomeno anti-ecclesiastico, il nuovo calendario non ha null'altro che confusione da offrire alla Chiesa ortodossa. Fin dall'inizio del suo aspetto, il nuovo calendario è stato inteso in questo modo dai suoi avversari, il patriarca Geremia II di Costantinopoli e il Concilio locale riunito nel 1583 a Costantinopoli. Da un inizio così alienato, il nuovo calendario rimane fino a oggi uno strumento di propaganda papista molto dannosa per la vita della Chiesa ortodossa. Quindi, se dovessimo accettare il nuovo calendario, nonostante la volontà della santa Chiesa – anche se a titolo di compromesso – ciò potrebbe condurci solo a contribuire alla confusione e al disordine nella vita della Chiesa, attraverso la quale metteremmo a repentaglio per mano nostra l'autorità della santa Chiesa ortodossa.
Perciò, così come ci troveremmo sulla strada della tomba del peccato di disobbedienza alla Chiesa se accettiamo il nuovo calendario nella sua interezza ripudiando i sacri canoni, così ci troviamo sulla stessa strada della disobbedienza se accettiamo il nuovo calendario in una forma mista, ripudiando le richieste del Tipico.
Da quanto sopra, è chiaro il motivo per cui la Chiesa ortodossa è stata così risolutamente e ardentemente opposta a questa innovazione anti-ecclesiastico dalla nascita della riforma del calendario fino a poco tempo fa.
Appena papa Gregorio XIII introdusse il nuovo calendario, subito, nello stesso anno, il 1582, Il patriarca ecumenico Geremia II, insieme con il suo sinodo, condannò il nuovo computo romano come antitetico alla tradizione della Chiesa ortodossa. * L'anno seguente, 1583, il patriarca Geremia, con la partecipazione del patriarca Silvestro di Alessandria e del patriarca Sofronio IV di Gerusalemme, convocò un Concilio ecclesiastico, che condannò l'introduzione del calendario gregoriano nella Chiesa romana come cosa contraria ai sacri canoni della Chiesa e come violazione della prescrizione del primo Concilio ecumenico sul calcolo della santa Pasqua.
Questo Concilio, nel suo Sigillion del 20 novembre 1583, sollecita gli ortodossi ad aderire fermamente e fermamente al calendario ortodosso e al Paschalion giuliano fino all'effusione del sangue e impone a tutti coloro che trasgrediscono questa ingiunzione l'anatema dell'espulsione dalla Chiesa ortodossa. *
Il Concilio di Costantinopoli comunicò la sua decisione a tutte le Chiese orientali, al metropolita Dionisij di Mosca, alla Chiesa delle isole Ionie, al famoso campione dell'Ortodossia in Europa occidentale, il principe Konstantin Ostrozhskij, a Niccolò da Ponte, doge di Venezia, e a papa Gregorio XIII, responsabile per i disturbi nella Chiesa.
Così, i patriarchi ecumenici e, insieme a loro, tutta la Chiesa nei secoli successivi, hanno reagito in modo del tutto negativo all'introduzione del nuovo calendario. *
Per esempio, il patriarca Kallinikos II di Costantinopoli, insieme con il patriarca Athanasios IV di Antiochia, dichiarò che la celebrazione della Pasqua con i papisti, il rifiuto dell'ordinanza della Chiesa ortodossa in materia del digiuno, e l'accettazione delle ingiunzioni della Chiesa romana costituisce un tradimento dell'Ortodossia e una violazione delle leggi dei santi Padri distruttiva per il gregge della Chiesa ortodossa, e che, per questo motivo, ogni cristiano è obbligato a celebrare la Pasqua e le feste ad essa connesse, così come tutte le stagioni dell'anno ecclesiastico, così come stabilito nella pratica dell'Oriente ortodosso e non alla maniera dell'Occidente eterodosso, che è estraneo alla fede.
Nella sua enciclica del 1756, Il patriarca ecumenico Kirillos V pronuncia temibili imprecazioni-applicabili sia a questa vita terrena transitoria e alla vita eterna, contro tutti i cristiani che accettano il nuovo calendario. * Con l'intento di proteggere i cristiani dall'accettare il nuovo calendario, in quanto grandissimo peccato, nel 1848 il patriarca ecumenico Anthimos VI, insieme agli altri patriarchi orientali, cioè, Ierotheos II di Alessandria, Methodios di Antiochia, Kirillos II di Gerusalemme, e i loro sinodi, nella loro Enciclica nel nome della Chiesa una, santa, cattolica, apostolica, decretò la seguente confessione di fede:
Poiché da noi né patriarchi né sinodi sono mai stati in grado di introdurre novità, perché il difensore della nostra religione è il corpo della Chiesa, cioè lo stesso popolo di Dio, che desidera che la propria religione sia eternamente immutabile, identica a quella dei loro padri... "Atteniamoci fermamente alla confessione", che abbiamo ricevuto non adulterata da tali grandi uomini, aborrendo ogni innovazione come un suggerimento del diavolo; chi accetta le innovazioni censura come manchevole la fede ortodossa che finora è stata predicata. Ma questa fede, nella sua integrità, ora è stata sigillata, senza ammettere sottrazioni né aggiunte, né alcuna alterazione di sorta, e chi osa fare o consigliare o contemplare cose simili ha già rinnegato la fede di Cristo, ha già consegnato volontariamente se stesso all'anatema eterno a causa della sua bestemmia contro lo Spirito Santo come se questo, presumibilmente, non avesse parlato perfettamente nelle Scritture e attraverso i Concili ecumenici.... Quindi. chiunque opera innovazioni nell'eresia o nello scisma, ha volontariamente "indossato la maledizione come un abito", come dice il salmista, sia che si tratti di papi, patriarchi, clero o laici; Anche se un angelo dal cielo predicasse un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema. *
Tra il 1902 e il 1904, su iniziativa del celebre patriarca Joachim III di Costantinopoli, le Chiese Autocefale di Costantinopoli, Gerusalemme, Grecia, Russia, Serbia, Romania e Montenegro, nelle persone dei loro primati, espressero il loro rifiuto della riforma del calendario di papa Gregorio XIII. *
Allo stesso modo, il Concilio pan-russo del 1917-1918 decise la stretta osservanza del vecchio calendario per l'uso ecclesiastico. * Per giungere a questa decisione, il Concilio di Mosca ricevette il parere del padre Dimitrij A. Lebedev, professore presso l'Accademia teologica di Mosca, che dimostrò, sulla base di dati astronomici e canonici, quanto sarebbe stato distruttivo qualsiasi accomodamento al calendario gregoriano, attribuendo superiorità completa all'antico calendario giuliano". *
Purtroppo, il Congresso pan-ortodosso * convocato dal patriarca Meletios IV di Costantinopoli nel 1923 si allontanò dalle tradizioni sacre che i patriarchi ecumenici avevano sostenuto con tanto fervore e pietà nel corso di lunghi secoli. * Questo Congresso decise di accettare il nuovo calendario. I laici ortodossi di Costantinopoli presero questa innovazione non canonica con evidente agitazione, e il patriarca Meletios fu costretto a dimettersi. *
E tuttavia, Gregorio VII, che gli succedette come patriarca di Costantinopoli, tentò nel 1924 di introdurre il nuovo calendario per le feste fisse, consentendo temporaneamente che la Pasqua e le altre feste dipendenti da essa fossero celebrate secondo il vecchio computo pasquale, fino alla convocazione di un Concilio ecumenico. Nel periodico ufficiale della Chiesa greca, ἐκκλησία, e in alcuni periodici russi, fu pubblicato a suo nome e a nome del suo sinodo un articolo autorevole che riguardava l'accettazione del nuovo calendario da parte del Patriarcato di Costantinopoli.
Sotto l'influenza del patriarcato di Costantinopoli, anche la Chiesa romena decise di celebrare le feste fisse secondo il nuovo calendario. Tuttavia, i patriarchi orientali di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme rifiutarono risolutamente di esaminare la questione della modifica del calendario. *
Nella sua risposta all'articolo summenzionato, sua Beatitudine il patriarca Tikhon di Mosca e di tutta la Rus' informò il Patriarca ecumenico che, anche se aveva ricevuto la sua lettera riguardante l'implementazione del nuovo calendario a partire dal 10 marzo, era però diventato impossibile introdurlo nella Chiesa russa a causa della ferma opposizione del popolo. *
Allo stesso modo, i sinodi della Chiesa ortodossa russa all'Estero nel 1923, 1924, e il 1925 rifiutarono totalmente di accettare il nuovo calendario. *
Dobbiamo rimanere in costante solidarietà con queste Chiese ortodosse, senza alcun compromesso, osservando il vecchio calendario nella nostra vita della Chiesa, seguendo le prescrizioni dei canoni, che devono rimanere salde, in quanto costituiscono una delle basi dell'esistenza della Chiesa ortodossa.
Inoltre, come attestato da dati scientifici, il nuovo calendario contiene molti errori ed è certamente meno accurato rispetto al vecchio calendario. Questa è la ragione per cui la Commissione scientifica convocata il 18 febbraio 1899 dalla Società astronomica russa * per prendere una decisione sulla riforma del calendario ha dichiarato che "non ci sono motivi per introdurre in Russia (e ancora meno nella Chiesa) il calendario gregoriano, che è famigerato per i suoi errori". *
È essenziale sottolineare che fino a poco tempo fa non è stato il calendario gregoriano, ma quello giuliano, a essere utilizzato in astronomia. * L'astronomo americano Newcomb ha già parlato in favore di un ritorno al calendario giuliano, più semplice e pratico per i calcoli astronomici.
Per noi, l'opinione del celebre professor Vasilij V. Bolotov, dell'Accademia teologica di San Pietroburgo, è allo stesso tempo utile e di grande interesse. Durante l'anno finale della sua vita, il Santo Sinodo della Chiesa Russa lo ha nominato delegato del Dipartimento per gli affari della Chiesa sotto la nuova Commissione istituita dalla società astronomica russa per verificare se il vecchio calendario ortodosso era compatibile con il nuovo calendario.
Il prof. Bolotov ha indagato su questo tema in tutti i suoi dettagli, non solo da un punto di vista ecclesiastico, canonico, scientifico e storico, ma sotto ogni possibile aspetto. In possesso di tutta questa conoscenza scientifica, ha partecipato alla riunione della Commissione scientifica astronomica, quando la Commissione ha esaminato la questione dell'introduzione del nuovo calendario. Ed ecco, poiché la riunione non ha potuto raggiungere una decisione finale, dal momento che molti dei suoi membri avevano cominciato a propendere per il nuovo calendario, il presidente della riunione ha suggerito a Bolotov di esprimere la sua opinione.
Il prof. Bolotov ha esposto i suoi argomenti storici per due ore, tenendo in mano le tavole astronomiche * che aveva compilato. Ha difeso il vecchio calendario con tutto il cuore. Le sue conclusioni a sostegno del vecchio calendario erano così scientifiche e incontrovertibili che l'intera riunione ha deciso all'unanimità a favore del mantenimento del vecchio calendario.
Ricorderemo per sempre questo e non dimenticheremo mai il testamento, che il grande genio e sapiente Bolotov ci ha lasciato sulla questione del calendario:
Per quanto mi riguarda, ritengo del tutto indesiderabile modificare il calendario in Russia. Rimarrò, come ho fatto in passato, un difensore deciso e devoto del calendario giuliano. La sua eccezionale semplicità costituisce la sua superiorità scientifica su ogni altro calendario riformato. Credo che la missione culturale della Russia riguardo a questo problema consista nel preservare il calendario giuliano nella sua vita per i secoli a venire, e spianare così la strada ai popoli dell'Occidente per lasciare il calendario gregoriano, che non è di alcuna utilità a nessuno, e tornare all'incontaminato vecchio calendario. *

sabato 13 febbraio 2016

Dal sito: http://it.radiovaticana.va/news

Testo integrale della Dichiarazione comune firmata da Francesco e Kirill

Firma della Dichiarazione comune - RV 

Pubblichiamo il testo integrale della Dichiarazione comune firmata all’Avana da Papa Francesco e il Patriarca Kirill:

1. Per volontà di Dio Padre dal quale viene ogni dono, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, e con l’aiuto dello Spirito Santo Consolatore, noi, Papa Francesco e Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, ci siamo incontrati oggi a L’Avana. Rendiamo grazie a Dio, glorificato nella Trinità, per questo incontro, il primo nella storia. Con gioia ci siamo ritrovati come fratelli nella fede cristiana che si incontrano per «parlare a viva voce» (2 Gv 12), da cuore a cuore, e discutere dei rapporti reciproci tra le Chiese, dei problemi essenziali dei nostri fedeli e delle prospettive di sviluppo della civiltà umana.
2. Il nostro incontro fraterno ha avuto luogo a Cuba, all’incrocio tra Nord e Sud, tra Est e Ovest. Da questa isola, simbolo delle speranze del “Nuovo Mondo” e degli eventi drammatici della storia del XX secolo, rivolgiamo la nostra parola a tutti i popoli dell’America Latina e degli altri Continenti. Ci rallegriamo che la fede cristiana stia crescendo qui in modo dinamico. Il potente potenziale religioso dell’America Latina, la sua secolare tradizione cristiana, realizzata nell’esperienza personale di milioni di persone, sono la garanzia di un grande futuro per questa regione.
3. Incontrandoci lontano dalle antiche contese del “Vecchio Mondo”, sentiamo con particolare forza la necessità di un lavoro comune tra cattolici e ortodossi, chiamati, con dolcezza e rispetto, a rendere conto al mondo della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3, 15).
4. Rendiamo grazie a Dio per i doni ricevuti dalla venuta nel mondo del suo unico Figlio. Condividiamo la comune Tradizione spirituale del primo millennio del cristianesimo. I testimoni di questa Tradizione sono la Santissima Madre di Dio, la Vergine Maria, e i Santi che veneriamo. Tra loro ci sono innumerevoli martiri che hanno testimoniato la loro fedeltà a Cristo e sono diventati “seme di cristiani”.
5. Nonostante questa Tradizione comune dei primi dieci secoli, cattolici e ortodossi, da quasi mille anni, sono privati della comunione nell’Eucaristia. Siamo divisi da ferite causate da conflitti di un passato lontano o recente, da divergenze, ereditate dai nostri antenati, nella comprensione e l’esplicitazione della nostra fede in Dio, uno in tre Persone – Padre, Figlio e Spirito Santo. Deploriamo la perdita dell’unità, conseguenza della debolezza umana e del peccato, accaduta nonostante la Preghiera sacerdotale di Cristo Salvatore: «Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola» (Gv 17, 21).
6. Consapevoli della permanenza di numerosi ostacoli, ci auguriamo che il nostro incontro possa contribuire al ristabilimento di questa unità voluta da Dio, per la quale Cristo ha pregato. Possa il nostro incontro ispirare i cristiani di tutto il mondo a pregare il Signore con rinnovato fervore per la piena unità di tutti i suoi discepoli. In un mondo che attende da noi non solo parole ma gesti concreti, possa questo incontro essere un segno di speranza per tutti gli uomini di buona volontà!
7. Nella nostra determinazione a compiere tutto ciò che è necessario per superare le divergenze storiche che abbiamo ereditato, vogliamo unire i nostri sforzi per testimoniare il Vangelo di Cristo e il patrimonio comune della Chiesa del primo millennio, rispondendo insieme alle sfide del mondo contemporaneo. Ortodossi e cattolici devono imparare a dare una concorde testimonianza alla verità in ambiti in cui questo è possibile e necessario. La civiltà umana è entrata in un periodo di cambiamento epocale. La nostra coscienza cristiana e la nostra responsabilità pastorale non ci autorizzano a restare inerti di fronte alle sfide che richiedono una risposta comune.
8. Il nostro sguardo si rivolge in primo luogo verso le regioni del mondo dove i cristiani sono vittime di persecuzione. In molti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa i nostri fratelli e sorelle in Cristo vengono sterminati per famiglie, villaggi e città intere. Le loro chiese sono devastate e saccheggiate barbaramente, i loro oggetti sacri profanati, i loro monumenti distrutti. In Siria, in Iraq e in altri paesi del Medio Oriente, constatiamo con dolore l’esodo massiccio dei cristiani dalla terra dalla quale cominciò a diffondersi la nostra fede e dove essi hanno vissuto, fin dai tempi degli apostoli, insieme ad altre comunità religiose.
9. Chiediamo alla comunità internazionale di agire urgentemente per prevenire l’ulteriore espulsione dei cristiani dal Medio Oriente. Nell’elevare la voce in difesa dei cristiani perseguitati, desideriamo esprimere la nostra compassione per le sofferenze subite dai fedeli di altre tradizioni religiose diventati anch’essi vittime della guerra civile, del caos e della violenza terroristica.
10. In Siria e in Iraq la violenza ha già causato migliaia di vittime, lasciando milioni di persone senza tetto né risorse. Esortiamo la comunità internazionale ad unirsi per porre fine alla violenza e al terrorismo e, nello stesso tempo, a contribuire attraverso il dialogo ad un rapido ristabilimento della pace civile. È essenziale assicurare un aiuto umanitario su larga scala alle popolazioni martoriate e ai tanti rifugiati nei paesi confinanti. Chiediamo a tutti coloro che possono influire sul destino delle persone rapite, fra cui i Metropoliti di Aleppo, Paolo e Giovanni Ibrahim, sequestrati nel mese di aprile del 2013, di fare tutto ciò che è necessario per la loro rapida liberazione.
11. Eleviamo le nostre preghiere a Cristo, il Salvatore del mondo, per il ristabilimento della pace in Medio Oriente che è “il frutto della giustizia” (cfr Is 32, 17), affinché si rafforzi la convivenza fraterna tra le varie popolazioni, le Chiese e le religioni che vi sono presenti, per il ritorno dei rifugiati nelle loro case, la guarigione dei feriti e il riposo dell’anima degli innocenti uccisi. Ci rivolgiamo, con un fervido appello, a tutte le parti che possono essere coinvolte nei conflitti perché mostrino buona volontà e siedano al tavolo dei negoziati. Al contempo, è necessario che la comunità internazionale faccia ogni sforzo possibile per porre fine al terrorismo con l’aiuto di azioni comuni, congiunte e coordinate. Facciamo appello a tutti i paesi coinvolti nella lotta contro il terrorismo, affinché agiscano in maniera responsabile e prudente. Esortiamo tutti i cristiani e tutti i credenti in Dio a pregare con fervore il provvidente Creatore del mondo perché protegga il suo creato dalla distruzione e non permetta una nuova guerra mondiale. Affinché la pace sia durevole ed affidabile, sono necessari specifici sforzi volti a riscoprire i valori comuni che ci uniscono, fondati sul Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo.
12. Ci inchiniamo davanti al martirio di coloro che, a costo della propria vita, testimoniano la verità del Vangelo, preferendo la morte all’apostasia di Cristo. Crediamo che questi martiri del nostro tempo, appartenenti a varie Chiese, ma uniti da una comune sofferenza, sono un pegno dell’unità dei cristiani. È a voi, che soffrite per Cristo, che si rivolge la parola dell’apostolo: «Carissimi, … nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della Sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare» (1 Pt 4, 12-13).
13. In quest’epoca inquietante, il dialogo interreligioso è indispensabile. Le differenze nella comprensione delle verità religiose non devono impedire alle persone di fedi diverse di vivere nella pace e nell’armonia. Nelle circostanze attuali, i leader religiosi hanno la responsabilità particolare di educare i loro fedeli in uno spirito rispettoso delle convinzioni di coloro che appartengono ad altre tradizioni religiose. Sono assolutamente inaccettabili i tentativi di giustificare azioni criminali con slogan religiosi. Nessun crimine può essere commesso in nome di Dio, «perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace» (1 Cor 14, 33).
14. Nell’affermare l’alto valore della libertà religiosa, rendiamo grazie a Dio per il rinnovamento senza precedenti della fede cristiana che sta accadendo ora in Russia e in molti paesi dell’Europa orientale, dove i regimi atei hanno dominato per decenni. Oggi le catene dell’ateismo militante sono spezzate e in tanti luoghi i cristiani possono liberamente professare la loro fede. In un quarto di secolo, vi sono state costruite decine di migliaia di nuove chiese, e aperti centinaia di monasteri e scuole teologiche. Le comunità cristiane portano avanti un’importante attività caritativa e sociale, fornendo un’assistenza diversificata ai bisognosi. Ortodossi e cattolici spesso lavorano fianco a fianco. Essi attestano l’esistenza dei fondamenti spirituali comuni della convivenza umana, testimoniando i valori del Vangelo.
15. Allo stesso tempo, siamo preoccupati per la situazione in tanti paesi in cui i cristiani si scontrano sempre più frequentemente con una restrizione della libertà religiosa, del diritto di testimoniare le proprie convinzioni e la possibilità di vivere conformemente ad esse. In particolare, constatiamo che la trasformazione di alcuni paesi in società secolarizzate, estranee ad ogni riferimento a Dio ed alla sua verità, costituisce una grave minaccia per la libertà religiosa. È per noi fonte di inquietudine l’attuale limitazione dei diritti dei cristiani, se non addirittura la loro discriminazione, quando alcune forze politiche, guidate dall’ideologia di un secolarismo tante volte assai aggressivo, cercano di spingerli ai margini della vita pubblica.
16. Il processo di integrazione europea, iniziato dopo secoli di sanguinosi conflitti, è stato accolto da molti con speranza, come una garanzia di pace e di sicurezza. Tuttavia, invitiamo a rimanere vigili contro un’integrazione che non sarebbe rispettosa delle identità religiose. Pur rimanendo aperti al contributo di altre religioni alla nostra civiltà, siamo convinti che l’Europa debba restare fedele alle sue radici cristiane. Chiediamo ai cristiani dell’Europa orientale e occidentale di unirsi per testimoniare insieme Cristo e il Vangelo, in modo che l’Europa conservi la sua anima formata da duemila anni di tradizione cristiana.
17. Il nostro sguardo si rivolge alle persone che si trovano in situazioni di grande difficoltà, che vivono in condizioni di estremo bisogno e di povertà mentre crescono le ricchezze materiali dell’umanità. Non possiamo rimanere indifferenti alla sorte di milioni di migranti e di rifugiati che bussano alla porta dei paesi ricchi. Il consumo sfrenato, come si vede in alcuni paesi più sviluppati, sta esaurendo gradualmente le risorse del nostro pianeta. La crescente disuguaglianza nella distribuzione dei beni terreni aumenta il sentimento d’ingiustizia nei confronti del sistema di relazioni internazionali che si è stabilito.
18. Le Chiese cristiane sono chiamate a difendere le esigenze della giustizia, il rispetto per le tradizioni dei popoli e un’autentica solidarietà con tutti coloro che soffrono. Noi, cristiani, non dobbiamo dimenticare che «Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio» (1 Cor 1, 27-29).
19. La famiglia è il centro naturale della vita umana e della società. Siamo preoccupati dalla crisi della famiglia in molti paesi. Ortodossi e cattolici condividono la stessa concezione della famiglia e sono chiamati a testimoniare che essa è un cammino di santità, che testimonia la fedeltà degli sposi nelle loro relazioni reciproche, la loro apertura alla procreazione e all’educazione dei figli, la solidarietà tra le generazioni e il rispetto per i più deboli.
20. La famiglia si fonda sul matrimonio, atto libero e fedele di amore di un uomo e di una donna. È l’amore che sigilla la loro unione ed insegna loro ad accogliersi reciprocamente come dono. Il matrimonio è una scuola di amore e di fedeltà. Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene estromesso dalla coscienza pubblica.
21. Chiediamo a tutti di rispettare il diritto inalienabile alla vita. Milioni di bambini sono privati della possibilità stessa di nascere nel mondo. La voce del sangue di bambini non nati grida verso Dio (cfr Gen 4, 10). Lo sviluppo della cosiddetta eutanasia fa sì che le persone anziane e gli infermi inizino a sentirsi un peso eccessivo per le loro famiglie e la società in generale. Siamo anche preoccupati dallo sviluppo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, perché la manipolazione della vita umana è un attacco ai fondamenti dell’esistenza dell’uomo, creato ad immagine di Dio. Riteniamo che sia nostro dovere ricordare l’immutabilità dei principi morali cristiani, basati sul rispetto della dignità dell’uomo chiamato alla vita, secondo il disegno del Creatore.
22. Oggi, desideriamo rivolgerci in modo particolare ai giovani cristiani. Voi, giovani, avete come compito di non nascondere il talento sotto terra (cfr Mt 25, 25), ma di utilizzare tutte le capacità che Dio vi ha dato per confermare nel mondo le verità di Cristo, per incarnare nella vostra vita i comandamenti evangelici dell’amore di Dio e del prossimo. Non abbiate paura di andare controcorrente, difendendo la verità di Dio, alla quale odierne norme secolari sono lontane dal conformarsi sempre.
23. Dio vi ama e aspetta da ciascuno di voi che siate Suoi discepoli e apostoli. Siate la luce del mondo affinché coloro che vi circondano, vedendo le vostre opere buone, rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli (cfr Mt 5, 14, 16). Educate i vostri figli nella fede cristiana, trasmettete loro la perla preziosa della fede (cfr Mt 13, 46) che avete ricevuta dai vostri genitori ed antenati. Ricordate che «siete stati comprati a caro prezzo» (1 Cor 6, 20), al costo della morte in croce dell’Uomo-Dio Gesù Cristo.
24. Ortodossi e cattolici sono uniti non solo dalla comune Tradizione della Chiesa del primo millennio, ma anche dalla missione di predicare il Vangelo di Cristo nel mondo di oggi. Questa missione comporta il rispetto reciproco per i membri delle comunità cristiane ed esclude qualsiasi forma di proselitismo. Non siamo concorrenti ma fratelli, e da questo concetto devono essere guidate tutte le nostre azioni reciproche e verso il mondo esterno. Esortiamo i cattolici e gli ortodossi di tutti i paesi ad imparare a vivere insieme nella pace e nell’amore, e ad avere «gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti» (Rm 15, 5). Non si può quindi accettare l’uso di mezzi sleali per incitare i credenti a passare da una Chiesa ad un’altra, negando la loro libertà religiosa o le loro tradizioni. Siamo chiamati a mettere in pratica il precetto dell’apostolo Paolo: «Mi sono fatto un punto di onore di non annunziare il vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui» (Rm 15, 20).
25. Speriamo che il nostro incontro possa anche contribuire alla riconciliazione, là dove esistono tensioni tra greco-cattolici e ortodossi. Oggi è chiaro che il metodo dell’“uniatismo” del passato, inteso come unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di ristabilire l’unità. Tuttavia, le comunità ecclesiali apparse in queste circostanze storiche hanno il diritto di esistere e di intraprendere tutto ciò che è necessario per soddisfare le esigenze spirituali dei loro fedeli, cercando nello stesso tempo di vivere in pace con i loro vicini. Ortodossi e greco-cattolici hanno bisogno di riconciliarsi e di trovare forme di convivenza reciprocamente accettabili.
26. Deploriamo lo scontro in Ucraina che ha già causato molte vittime, innumerevoli ferite ad abitanti pacifici e gettato la società in una grave crisi economica ed umanitaria. Invitiamo tutte le parti del conflitto alla prudenza, alla solidarietà sociale e all’azione per costruire la pace. Invitiamo le nostre Chiese in Ucraina a lavorare per pervenire all’armonia sociale, ad astenersi dal partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto.
27. Auspichiamo che lo scisma tra i fedeli ortodossi in Ucraina possa essere superato sulla base delle norme canoniche esistenti, che tutti i cristiani ortodossi dell’Ucraina vivano nella pace e nell’armonia, e che le comunità cattoliche del Paese vi contribuiscano, in modo da far vedere sempre di più la nostra fratellanza cristiana.
28. Nel mondo contemporaneo, multiforme eppure unito da un comune destino, cattolici e ortodossi sono chiamati a collaborare fraternamente nell’annuncio della Buona Novella della salvezza, a testimoniare insieme la dignità morale e la libertà autentica della persona, «perché il mondo creda» (Gv 17, 21). Questo mondo, in cui scompaiono progressivamente i pilastri spirituali dell’esistenza umana, aspetta da noi una forte testimonianza cristiana in tutti gli ambiti della vita personale e sociale. Dalla nostra capacità di dare insieme testimonianza dello Spirito di verità in questi tempi difficili dipende in gran parte il futuro dell’umanità.
29. In questa ardita testimonianza della verità di Dio e della Buona Novella salvifica, ci sostenga l’Uomo-Dio Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore, che ci fortifica spiritualmente con la sua infallibile promessa: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo Regno» (Lc 12, 32)! Cristo è fonte di gioia e di speranza. La fede in Lui trasfigura la vita umana, la riempie di significato. Di ciò si sono potuti convincere, attraverso la loro esperienza, tutti coloro a cui si possono applicare le parole dell’apostolo Pietro: «Voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia» (1 Pt 2, 10).
30. Pieni di gratitudine per il dono della comprensione reciproca espresso durante il nostro incontro, guardiamo con speranza alla Santissima Madre di Dio, invocandola con le parole di questa antica preghiera: “Sotto il riparo della tua misericordia, ci rifugiamo, Santa Madre di Dio”. Che la Beata Vergine Maria, con la sua intercessione, incoraggi alla fraternità coloro che la venerano, perché siano riuniti, al tempo stabilito da Dio, nella pace e nell’armonia in un solo popolo di Dio, per la gloria della Santissima e indivisibile Trinità!