venerdì 25 luglio 2014

Distorsioni della storia contro Russia e Serbia (Sito della Chiesa Ortodossa di Torino)

 




Il commento del 20 giugno di Gray Falcon intitolato "Failure to Communicate" contiene questo brano, che conduce a un articolo estremamente anti-russo e anti-serbo, partendo da premesse già inclinate in quella direzione:
"L'ultimo esempio di questo 'cambio di copione' è un articolo di New Republic, che paragona Putin a Milosevic. In realtà, è l'Occidente che agisce verso la Russia nello stesso modo in cui ha agito nei confronti dei serbi due decenni fa. Ho sostenuto in precedenza che Putin è consapevole di questo, anche se in Russia il pubblico e i media in generale, possono non esserlo".
Sia che il problema sia in Caucaso o in Ucraina, nessuno ha pensato di bombardare la Russia, a differenza di quanto ipocritamente è toccato alla Serbia. Lo status nucleare della Russia le fornisce maggiore copertura.
Contrariamente a quanto suggerisce il citato articolo da New Republic, "La storia si ripete", di questo passato 19 giugno, le controversie che coinvolgono la Russia e la Serbia, non sono state semplici istanze di azione sgradevole da parte dei due paesi contro altri paesi meno colpevoli. Sul tema della Serbia e in contrasto con quel pezzo di New Republic, mi ricordo del commento su First Things dell'agosto 1999 "La condiscendenza dell'Occidente cristiano", che è stato scritto da un sostenitore della cosiddetta "rivoluzione arancione" e più di recente delle proteste dell'Euromaidan in Ucraina. (Cito l'articolo di First Things senza necessariamente d'accordo con tutto quello che vi si dice).
L'articolo di New Republic in questione sottolinea le distorsioni evidenti prevalenti all'interno dei circoli che appoggiano i neoliberisti e i neoconservatori. La sua analogia negativamente imprecisa tra il presidente russo Vladimir Putin e il defunto leader jugoslavo/serbo Slobodan Milosevic non è una novità. L'ex funzionario dell'amministrazione Clinton Christopher Hill aveva già tessuto quell'immagine. E non è affatto solo, tra le fonti istituzionali occidentali della politica estera, che sostanzialmente forniscono la copertura per il nazionalismo estremo a cui si oppongono i serbi, i russi e alcuni altri patriotticamente ragionevoli.
Il confronto dell'articolo di New Republic tra le chiese ortodosse russa e serba (viste con negatività), con le varianti dei croati cattolici e degli ucraini greco-cattolici (viste in modo più favorevole), è uno dei tanti esempi. Il periodo della seconda guerra mondiale e quello successivo, hanno visto notevoli sentimenti pro-ustascia nella Chiesa cattolica croata, che ha visto il capo del campo di concentramento di Jasenovac, Dinko Sakic, e il leader supremo degli ustascia Ante Pavelic, apertamente lodati da alcuni cattolici croati. Allo stesso modo, il sentimento pro-OUN/UPA. Che ha preso le forme delle lodi al leader nazionalista galiziano ucraino Stepan Bandera, è notevolmente evidente all'interno della Chiesa greco-cattolica ucraina.
Sono consapevole del fatto che mi controbatteranno che è ingiustamente inesatto caricare una negatività collettiva sulle chiese croata cattolica e greco-cattolica ucraina. Non tutti in queste chiese marciano allo stesso passo. Ma proprio per questo, quanto è ironicamente ripugnante fare una caricatura negativa delle chiese ortodosse russa e serba. Il New Republic di tendenze neoliberiste trova causa una comune con i sostenitori degli ustascia e di Bandera.
All'interno dei limiti della ragione, sarebbe gratuito accentuare le azioni discriminatorie della Polonia contro i non-polacchi prima della seconda guerra mondiale, come base per razionalizzare in modo subdolo le conseguenze dell'accordo Molotov-Ribbentrop. Allo stesso modo, la Jugoslavia pre-comunista non ebbe mai nulla di vicino al tipo di repressione brutale esibito dagli ustascia croati alleati dei nazisti. Prima della seconda guerra mondiale, Pavelic era coinvolto nel terrorismo politico contro il governo jugoslavo, così come lo era Bandera contro il governo polacco. Il pezzo di New Republic sorvola su questi e su altri particolari, mostrando un pregiudizio anti-serbo e anti-russo.
Da quell'articolo di New Republic, questo estratto sottolinea l'ultima osservazione:
"La storia inizia nei primi anni del Novecento, quando furono istituiti l'URSS e il Regno di Jugoslavia. In entrambi i casi, le metropoli della Russia e della Serbia – entrambi paesi dell'Europa orientale di religione ortodossa che si consideravano civiltà alternative, non occidentali – imposto il loro dominio sulle terre cattoliche e molto più pro-occidentali della Croazia e dell'Ucraina".
Questa prospettiva piena di errori trascura diverse realtà.
Come nazione a sé, la Serbia era dalla parte delle potenze occidentali durante la prima guerra mondiale, una situazione molto diversa da quella della della Croazia. La prima guerra mondiale vide il territorio croato affiliato con l'Austria-Ungheria. Durante questo periodo, il futuro dittatore comunista jugoslavo Tito, non serbo (mezzo croato, mezzo sloveno), era un caporale dell'esercito austro-ungarico. È anche vero che ancor prima della prima guerra mondiale e in seguito, il movimento per uno stato slavo del sud multietnico aveva il sostegno sia dei serbi sia dei non serbi nei Balcani.
Nella seconda guerra mondiale, lo stato ustascia della Croazia ebbe una posizione privilegiata nell'Europa occupata dai nazisti, molto diversa da quella della Serbia. Le trasgressioni dei serbi nella seconda guerra mondiale non giunsero mai neppure vicine alla brutalità l'anti-serba e anti-ortodossa degli ustascia croati, che comprendeva barbarie contro ebrei, rom e croati dissidenti.
La propaganda ufficiale dei comunisti jugoslavi contro il generale serbo dell'esercito monarchico jugoslavo, Draza Mihailovic, e contro le sue forze, non ha di fatto contrastato i manifesti nazisti che lo mostravano come un ricercato, i documenti nazisti che lo riguardano come un nemico, e le testimonianze pro-Mihailovich degli aviatori alleati occidentali abbattuti sulla Jugoslavia. (La posizione anti-Mihailovic è condivisa tra le fonti anti-comuniste e anti-serbe). Milan Nedic, un altro comandante serbo (ma di statura inferiore a Mihailovic), era a capo di un ente di collaborazionisti nazisti di Belgrado, che non erano nemmeno lontanamente corrispondenti al grado di potere e di colpa nelle atrocità dello stato croato ustascia. Alcuni vedono Nedic come un individuo che ha cercato di trarre il meglio da una brutta situazione. Le atrocità della Seconda Guerra Mondiale in Serbia sono state prevalentemente commesse da non-serbi alleati dei nazisti. I serbi in Serbia sono stati molto brutalizzati.
Spostandoci al presente, la disgregazione della Jugoslavia ha incluso posizioni nazionaliste estreme tra i principali leader nazionalisti croati e musulmani bosniaci, così come atrocità commesse da persone che hanno sostenuto gli uni o gli altri. In termini di retorica, Milosevic non è stato tanto estremo rispetto ai suoi coetanei, il presidente croato Franjo Tudjman e il presidente musulmano bosniaco Alija Izetbegovic.
Questi commenti non intendono scusare gli illeciti da parte serba degli anni '90. Ma allo stesso tempo, i torti serbi sono stati spesso esagerati in un modo che comprendeva cifre di morti notevolmente gonfiate (tra le altre affermazioni), utilizzate per fare pressione per un intervento militare straniero, a sostegno delle parti che militarmente stavano perdendo contro i serbi.
Tra i credenti cristiani ucraini, la denominazione greco-cattolica concentrata per lo più in Ucraina occidentale è di gran lunga al secondo posto rispetto agli ortodossi. Il periodo post-sovietico ha visto questi ultimi dividersi in tre chiese diverse.
Nel tardo XVI secolo, il dominio polacco in Ucraina occidentale ha favorito lo sviluppo della denominazione greco-cattolica, come base per attirare gli ucraini lontano dal cristianesimo ortodosso, al fine di limitare i legami con la Russia. In questa fase di sviluppo, lo stato polacco ha reso più difficile essere un cristiano ortodosso osservante. In una nota correlata, le incursioni polacche degli inizi del XVII secolo in Russia inclusero misure repressive contro la Chiesa ortodossa. (L'articolo nel blog Russia del 28 ottobre 2009, "The Russo-Polish History Coverage and Some Related Matters", fornisce ulteriori indizi sulla storia delle relazioni russo-polacca.)
Nel corso del tempo, l'esistenza della denominazione greco-cattolica ucraina non ha reso i suoi seguaci così graditi al governo polacco. Durante la guerra civile russa, l'esercito galiziano ucraino ha preferito mettersi in massa sotto il comando dei russi bianchi anti-comunisti, piuttosto che allearsi al leader nazionalista ucraino Symon Petljura, che (da una posizione di debolezza) aveva fatto un patto con la Polonia, che comportava il riconoscimento del passaggio di tutta la Galizia sotto la Polonia. Come soggetti della Polonia, gli ucraini occidentali come Bandera si opposero violentemente al potere polacco. Quando l'Ucraina occidentale divenne parte dell'Unione Sovietica, la Chiesa greco-cattolica ucraina fu fortemente repressa, in un momento in cui altre confessioni religiose, tra cui la Chiesa ortodossa russa, erano molto compromesse.
Per quanto riguarda il contenzioso politico in corso in Ucraina, vi è ragione di credere che la Chiesa ortodossa ucraina associata con il Patriarcato di Mosca (il cui leader spirituale è morto il 5 luglio), sia stata più neutrale, rispetto alla Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kiev (uscita fuori dal Patriarcato di Mosca) e alla Chiesa greco-cattolica ucraina: le ultime due hanno preso posizioni pro-Euromaidan. Delle tre denominazioni ortodosse ucraine, la chiesa affiliata al Patriarcato di Mosca, è l'unica che ha il suo stato formalmente riconosciuto dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. (Nel cristianesimo ortodosso, questo corpo vanta un ruolo corrispondente a quello della Santa Sede, ovvero il Vaticano; tuttavia, il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli non ha il livello di autorità centrale sulle Chiese ortodosse che ha il Vaticano su quelle cattolici). La Chiesa ortodossa autocefala ucraina, con radici risalenti al periodo della guerra civile russa, è di gran lunga la più piccola delle denominazioni ortodosse dell'Ucraina. Ha esibito un sentimento pro-Euromaidan meno stridente di quello della Chiesa greco-cattolica ucraina e della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kiev. In generale, i sentimenti filo-russi in Crimea e Ucraina orientale non sembrano essere notevolmente motivati da una sorta di fanatismo ultra-religioso.
All'interno dei limiti della logica, c'è l'impressione che, ai fini di promuovere un'opposizione all'influenza russa in Ucraina, alcuni in Polonia (e altrove) hanno minimizzato la brutale attività anti-polacca in Galizia delle forze nazionaliste ucraine fedeli a Bandera ai tempi della seconsa guerra mondiale. Una mia conoscente mi ha informato di un evento di intellettuali a Washington pochi anni fa, che comprendeva una organizzazione pro-Bandera. Bandera è stato acriticamente lodato in quell'evento. Alla mia conoscente è stato intimato di stare zitta, dopo che ha raccontato al corpo esecutivo dell'evento gli attributi negativi di Bandera. (Perdonate la riservatezza di questo ricordo personale, che mi è stato comunicato in via ufficiosa). Ci sono stati diversi segmenti dei mass media televisivi occidentali che hanno mostrato la bandiera nera e rossa pro-Bandera, senza menzionare ciò che rappresenta.
Nel 1959 l'organizzazione pro-Bandera e anti-russa del Comitato delle nazioni in cattività è stata in grado di influenzare il Congresso degli Stati Uniti nell'approvare una risoluzione per riconoscere ufficialmente la "Settimana delle nazioni in cattività", che ha riconosciuto creazioni naziste come la "Cosacchia" e "Idel-Ural" come entità prigioniere differenziate dalla Russia. Da quel periodo, la propaganda del Comitato delle nazioni in cattività ha ritratto la Russia e i russi come intrinsecamente malvagi, a prescindere dalla loro ideologia. Il libro di Bernadine Bailey "Le nazioni in cattività", è una bigotta diatriba anti-russa, che comprende elogi acritici di Bandera e Pavelic.
L'articolo di New Republic ripete a pappagallo le consuete affermazioni erronee che minimizzano le azioni dei nazionalisti anti-russi, divenuti più prominenti in Ucraina, dopo la cacciata dall'Ucraina del presidente democraticamente eletto, sia pure imperfetto, Viktor Janukovich. (Quest'ultimo pensiero, e i dati che seguono, sono una reiterazione delle mie osservazioni precedenti, ripetute al fine di fare un riferimento diretto alla mia tesi. L'estromissione di Janukovich ha visto attuare o ingigantire i seguenti sviluppi:
• sproporzionate nomine ministeriali alla Rada, da parte del precedente regime Turchinov-Jatsenjuk a Kiev, di persone associate all'organizzazione nazionalista pro-Bandera/anti-russa Svoboda
• demolizione di una legge di tutela dei diritti linguistici dei russi e di altre minoranze, messe successivamente in una sorta di stato di limbo in attesa
• azioni violente dei movimenti nazionalisti anti-russi Svoboda e settore destro – alcuni esempi sono chiaramente disponibili su filmati
• una situazione a Kiev e in alcune altre parti dell'Ucraina che è divenuta discriminatoria per le persone con idee in contrasto con il regime Turchinov-Jatsenjuk, nelle elezioni presidenziali del 25 maggio in Ucraina
• la sostituzione del nastro di san Giorgio utilizzato dai filo-russi, in onore della Giornata della Vittoria del 9 maggio, con un emblema con i colori nero e rosso del movimento pro-Bandera
• Svoboda ha chiesto la rimozione di un monumento in onore al generale russo dell'epoca napoleonica, Mikhail Kutuzov.
A proposito dell'ultimo punto, ricordo che gli antenati dei moderni ucraini, negli imperi dei Romanov e degli Asburgo, per lo più sostenevano la Russia contro Napoleone.)
Un servizio in una trasmissione televisiva della BBC ha evidenziato come Kiev e Leopoli sono attualmente più tranquille rispetto all'Ucraina orientale. Mesi fa era vero il contrario. Dal momento delle manifestazioni di Kiev contro Janukovich, la Crimea, la parte più filo-russa dell'ex repubblica socialista sovietica ucraina, se n'è andata praticamente senza spargimento di sangue, cosa molto diversa da ciò che è accaduto nella capitale dell'Ucraina – e che include alcune colpe dell'opposizione anti-Janukovich. Nel frattempo, l'invio in Ucraina orientale delle forze che sostengono il regime Jatsenjuk-Turchinov e il suo successore, non ha portato a una diminuzione dei decessi in quella zona. Piuttosto, l'introduzione di questi combattenti ha notevolmente aumentato le vittime.

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