martedì 5 novembre 2013

Dal sito: http://www.ortodossiatorino.net

Riflessioni sulla separazione tra cristianità occidentale e orientale
Arciprete Andrew Phillips
da pravoslavie.ru, 1 novembre 2013
 

Se osserviamo la vita o le opere dei cristiani occidentali durante i cosiddetti "secoli bui", il periodo dal 450 al 1050 circa, siamo sempre colpiti dalla loro debolezza intellettuale e culturale e dalla loro informe, immatura, e anche grossolana, prospettiva teologica. Mentre nel terzo e quarto secolo siamo in grado di trovare grandi Padri (il beato Girolamo, il beato Agostino), che davano il loro contributo teologico allo sviluppo dell'Ortodossia in Occidente, e anche coloro che operavano per diffondere l'influenza dell'Ortodossia orientale in occidente (sant'Ilario di Poitiers, san Martino di Tours, san Giovanni Cassiano), dal sesto all'undicesimo secolo vi è una rottura nella crescita intellettuale e culturale dell'Occidente. Ci sono pochi infatti in questo periodo che possono reggere il confronto con i grandi teologi mistici dell'Oriente, dove si tenevano i grandi Concili ecumenici e in cui la fede veniva formulata. Roma stessa svanisce come centro intellettuale in questo periodo. La luce della conoscenza era conservata in luoghi lontani, da sant'Isidoro in Spagna, da Beda il Venerabile in Gran Bretagna, dai cristiani dell'Irlanda, alcuni dei quali conoscevano il greco. La loro conoscenza, però, era di gran lunga inferiore a quella dei Padri orientali, e un uomo come Giovanni Scoto Eriugena, che aveva tradotto alcune opere dello 'Pseudo-Dionigi' in latino nel IX secolo, si erge come un faro nel buio dell'ignoranza. I santi uomini e donne dell'Occidente nei 'secoli bui' sono così diversi dai grandi mistici egiziani, siriani e greci dell'Oriente multi-culturale, quanto l'iconografia carolingia o anglosassone lo è dall'iconografia bizantina post-iconoclasta. Eppure, anche se c'erano divergenze sociali, politiche ed economiche tra Oriente e Occidente, si sentiva la Chiesa Una. C'erano variazioni locali, culturali nella pratica della fede, ma nel cuore i cristiani erano uniti nella loro confessione fede cattolica ortodossa. L'Oriente era un nuovo e fiorente fondamento, che saliva intellettualmente e culturalmente al suo apice, l'Occidente era un impero caduto, isolato per opera dei maomettani delle ricchezze culturali di Costantinopoli. L'Occidente era politicamente paralizzato da assalti e invasioni pagane, vivendo senza una grande consapevolezza culturale o intellettuale della fede e ovunque alla ricerca di sostegno politico e militare contro i suoi nemici. Era anche disposto a incoronare un re franco e a istituire un impero occidentale per la propria auto-protezione. Rimaneva, tuttavia, l'unità spirituale.
Differenze di usanze erano sorte anche nei primi secoli. L'Oriente, per cultura e per storia, era più incline alla contemplazione mistica e speculazione filosofica. L'Occidente, d'altra parte, era rinomato per la pratica della legislazione e del governo. Inoltre, dopo la caduta dell'impero in Occidente, la necessità di tali qualità era sempre maggiore. La stabilità politica e religiosa della sede di Roma dipendeva dalle attività dei governatori, sorveglianti, confessori e missionari tra i pagani che avevano inondato l'Occidente. L'Occidente chiedeva a re e regine dalla vita devota di portare alle sue terre ordine e protezione dai nemici del cristianesimo. L'Oriente, invece, viveva in una situazione più stabile in questo momento. La sede dell'universo cristiano era stata fissata in Nuova Roma, la città di Costantino. Questa città era il centro di teologia, arte, architettura e governo ecclesiale. Tutti i suoi abitanti erano stati ufficialmente accolti nella Chiesa. Uomini e donne di conseguenza si ritirarono nel deserto per formare monasteri a pregare per il mondo e la Chiesa di Cristo sulla terra, che ora brulicava di nuovi convertiti che tanto spesso erano cristiani solo nella forma esteriore.
L'Occidente viveva in una situazione completamente diversa. Non aveva ancora vinto grandi battaglie spirituali, militari e politiche, per poter diventare anch'esso pienamente parte dell'Impero cristiano. Comprensibilmente la Chiesa in Occidente era disposta a dare la sua sanzione religiosa a  eventuali neofiti franchi o teutoni, disposti a difenderla contro i pagani. La cristianità, tuttavia, non era divisa in due in questo senso. C'erano, per esempio, grandi amministratori ecclesiastici in Oriente, e che avevano bisogno di forza per proteggere i loro patriarcati da usurpazioni e rivendicazioni degli imperatori eretici. E in Occidente vi era un grande movimento monastico, che si era diffuso a decine di migliaia di monaci dal deserto egiziano all'Italia, dalla Gallia meridionale all'Irlanda. Vi furono grandi mistici e santi. Pensiamo ai celti, con centinaia di eremiti e santi vescovi, i più famosi dei quali sono i santi Patrizio, Colomba, Colombano e Aidan. Pensiamo ai santi anglosassoni come Cuthbert e Guthlac le cui vite ricordano quelle dei padri del deserto. Pensiamo alla grande influenza della Regola di san Benedetto, di ispirazione orientale. Pensiamo anche alla moltitudine di eremiti anglosassoni e Franchi, ai grandi santi abati e badesse, vescovi, principesse, re e regine: per esempio, i santi Edmondo ed Edoardo il Martire. Eppure, anche se questi erano tutti santi, molti di loro erano analfabeti, non raffinati, non sufficientemente istruiti per esprimere la loro esperienza mistica in opere di teologia, come fecero i grandi santi orientali.
Lo iato tra la cultura precoce e non sviluppata della Roma cristiana e la crescita di una nuova cultura cristiana occidentale, tra  secoli V e XI, significò in Occidente la formazione di un ambiente culturale diverso da quello dell'Oriente. L'Occidente cristiano non ha avuto il tempo di cristianizzare la cultura pagana, classica di Roma, mentre l'Oriente viveva un nuovo inizio. Il mondo intellettuale e culturale dell'Occidente è stato quindi lasciato aperto a chiunque potesse con successo cristianizzarlo e santificarlo, appropriandosi e sacralizzandolo per la gloria di Dio e l'uso della Chiesa. E in quel tempo tale lavoro è stato lasciato incompiuto: la cultura classica di Roma pagana giaceva in gran parte ignorata. Nel frattempo Costantinopoli provvedeva ai bisogni culturali e artistici dell'Occidente. L'iconografia, l'architettura e l'arte orientali, cristianizzate, depaganizzate, inondarono l'Occidente, soprattutto attraverso l'Italia e la Sicilia, e si irradiarono attraverso le terre del Mediterraneo e fino al nord. Tuttavia, al di sotto di questo processo, le sfere intellettuali e culturali sono rimaste invariate, teologicamente non assimilate e non sviluppate. L'arte della cristianità orientale è stata il prodotto della sola teologia orientale, e l'Occidente ha ricevuto solo l'arte, non la teologia. Per ragioni linguistiche, geografiche e di altro genere, il mondo intellettuale e culturale dell'Occidente non è stato ripreso nei processi di spiritualizzazione, di divinizzazione, che avevano portato una completa armonia di pienezza e unità al pensiero e alla cultura cristiana orientale. Il cuore occidentale era cristiano, ma la testa era rimasta ignorante. Anche se l'ortodossia della cristianità occidentale non poteva seriamente essere messa in dubbio in questo periodo, si può dire che l'Oriente era in una fase molto più sviluppata, avanzata nella crescita della pienezza della cultura cristiana. Per questo motivo siamo in grado di percepire la differenza culturalmente e intellettualmente qualitativa tra l'Oriente e l'Occidente in questi secoli. Infatti l'Occidente era incapace di dare profondità teologica ai problemi che l'Oriente aveva già risolto, soprattutto nell'iconografia.
L'ascesa del papato riformato nella seconda metà dell'XI secolo, dopo un periodo di scioccante corruzione, aveva portato la possibilità di guardare indietro al mondo antico e di considerare i problemi teologici e intellettuali del cristianesimo. Purtroppo, i problemi sono stati esaminati alla luce della logica pagana, della filosofia del mondo antico. E la teologia che fu prodotta come risultato era una teologia artificiale, non una teologia vivente, una teologia di scuole, di soluzioni intellettuali a problemi che richiedevano soluzioni spirituali, o soluzioni fornite da un intelletto spirituale. Con il patrocinio degli imperatori tedeschi, l'Occidente aveva già cercato di cristianizzare le sfere intellettuali e culturali del cristianesimo, questo era già stato fatto sotto Carlo Magno nei secoli VIII e IX. Ma nel secolo XI ci fu un tentativo profondo e coerente di cristianizzare queste sfere. Col senno di poi, sembra inevitabile che questo sarebbe accaduto, data la situazione dell'Occidente durante i "secoli bui". Se nell'XI secolo l'Occidente non aveva ancora scoperto che la santificazione di intelletto e cultura non dipende dai nostri ragionamenti autonomi, ma dalla saggezza che i santi traggono dal loro cuore, dove incontrano Dio, allora non ci sarebbe mai arrivato senza una grande influenza dall'Oriente. È un fatto strano che questa influenza dall'Oriente teologicamente più avanzato è diventata possibile solo nel XX secolo, 900 anni dopo.
Fu proprio nell'XI secolo che la Chiesa d'Occidente iniziò a divergere seriamente dalla Tradizione cristiana. L'XI secolo è il più importante per lo studio delle cause e degli effetti della separazione della cristianità orientale e occidentale. Dal punto di vista cristiano ortodosso la prima metà di questo secolo forma una serie di occasioni mancate, in cui la crescente spaccatura tra Oriente e Occidente avrebbe potuto essere ridotta. Se solo l'Occidente avesse rinnovato la sua conoscenza con la cultura classica attraverso gli occhi dell'Oriente, la casa del tesoro culturale e spirituale della cristianità. Se solo Rus' di Kiev avesse aiutato la Germania nei primi anni del secolo XI a familiarizzarsi con la teologia orientale, e quindi superare gli errori del patrimonio carolingio e le sue vedute primitive e politicizzate. Se solo l'opera dell'imperatore occidentale, per metà bizantino, del X secolo, Ottone III, fosse stata continuata in modo più positivo nell'XI. Se solo la missione dei santi Cirillo e Metodio fosse proseguita in Moravia e Boemia, invece di essere perseguitata per motivi razziali e politici. Se solo il Papato non fosse stato germanizzato alla fine del decimo secolo. Se solo il Papato avesse dato ascolto alla richiesta dell'imperatore orientale di un Concilio Ecumenico nel 1040. La separazione non sarebbe avvenuta. Nel XI secolo, l'Occidente avrebbe quindi potuto assorbire le tradizioni culturali ellenica e latina, le filosofie di Platone e di Aristotele, proprio come avevano già fatto i Padri orientali, in modo cristiano. Non ci sarebbe stata alcuna Scolastica, nessun Rinascimento pagano nei secoli a venire. L'Occidente non è riuscito a fare questo, non è riuscito a santificare la filosofia, a cristianizzare il passato pagano e la sua mentalità. Non è riuscito a raggiungere la visione del mondo integrale e armonica che era già stata formulata dalla cristianità orientale, non è riuscito a raggiungere la pienezza e totalità già raggiunta in Oriente.
Non vi può essere dubbio che il "filioque" ha svolto un ruolo molto importante in questo processo di separazione. Quello che era iniziato come un'espressione teologicamente goffa dell'Ortodossia divenne nel IX secolo uno strumento politico o un pretesto nelle mani dei carolingi e poi di papa Niccolò I. Fu allora, alla fine del IX secolo, che san Fozio il Grande, patriarca di Costantinopoli, si oppose al suo uso. Gli studiosi teologicamente non sofisticati dell'Europa nord-occidentale, avevano accettato il "filioque" per ignoranza o invidia politica, piuttosto che per vera convinzione teologica. È da notare che Roma vi è sempre stata ostile fino all'inizio del secolo XI, probabilmente fino al 1009, fino, in altre parole, ai primi papi tedeschi. Inoltre dove era confessato in Europa occidentale, non era capito nella sua forma scolastica più tarda del XII secolo. Fu solo alla fine del secolo XI che il filioque è diventato più di un equivoco, un parere teologico erroneo di ignoranti, ed è diventato un problema pratico con risultati e ramificazioni concrete e visibili. Il primo coerente tentativo occidentale di difendere il 'filioque' avvenne nel 1090 e fu fatto da Anselmo di Canterbury, il 'padre della Scolastica'. Quali sono le implicazioni pratiche del "filioque"?
La vita del cristiano ortodosso dovrebbe essere radicata nel suo Dio, la Santissima Trinità. Un cambiamento, quindi, nella sua concezione della Santissima Trinità porta a un cambiamento nel suo modo di vivere. Quello che era iniziato come un malinteso divenne nell'XI secolo una questione letteralmente vitale. Le rivendicazioni papali devono essere l'implicazione pratica del "filioque". La pretesa di Ildebrando (papa Gregorio VII), nel 1070, di essere il "vicario di Cristo", invece del "vicario di san Pietro", che in passato era sempre stato il titolo dei papi di Roma, è stato il risultato della confessione consapevole del "filioque". Perché se lo Spirito Santo procede da Cristo, come dice il "filioque", allora è chiaro che deve anche procedere dal "vicario di Cristo", il papa. L'implicazione che lo Spirito Santo procede anche dal "vicario di Cristo" equivale a un confinamento, una prigionia dello Spirito Santo. Un abisso è fissato tra Dio e l'uomo, l'unico mediatore è il papa. Senza l'illuminazione dello Spirito Santo, non ci resta che usare la nostra ragione caduta per comprendere Dio. Questo spiega la seconda grande conseguenza della separazione dell'Occidente dall'Oriente - il razionalismo o la scolastica. Nel Prologo al suo lavoro "Sic et Non", lo scolastico Abelardo, scrivendo circa nel 1120, osserva: "I ​​Padri erano guidati dallo Spirito Santo, ma noi non lo siamo". In questo modo giustificava l'uso della ragione caduta per fare teologia. La terza conseguenza del "filioque" fu nella devozione popolare. Dal momento che la dottrina della Trinità, di Dio, era diventata un'astrazione teologica, un problema per gli intellettuali, e la dottrina dello Spirito Santo era diventata inaccessibile, essendo un affare del solo papato, la pietà popolare si rivolse verso la natura umana di Cristo, l'aspetto esteriore del suo corpo. Si sviluppò una spiritualità nuova, umana, un po' morbosa sviluppata: la devozione alla sofferenza fisica, alla crocifissione, le "cinque piaghe di Cristo", il "sacro Cuore", la festa del Corpus Domini, la venerazione delle statue.
La seconda metà del secolo XI indica quindi la separazione della cristianità orientale e occidentale, simboleggiata dalla data del 1054. Essa ha significato l'assunzione del potere temporale del papato, che si riflette nella cosiddetta "lotta per le investiture". Questo pose fine alla comprensione ortodossa della regalità in Occidente, che era stata una imitazione, sia pure provinciale, del concetto ortodosso di "Symphonia", o equilibrio armonico della Chiesa e dello Stato. Il re, che rappresenta i laici, fu ridotto di importanza, come lo fu il laicato. Il celibato fu gradualmente imposto al clero. Ebbe inizio il clericalismo. Inoltre, la separazione dell'Occidente dall'Oriente significava anche la perdita per l'Occidente del grande patrimonio patristico dell'Oriente, con la sua chiara comprensione dello Spirito Santo, la libertà della persona umana e la divinizzazione dell'essere umano da parte dello Spirito Santo. Da questo momento in poi, comincia in Occidente la crescita dell' "agostinismo", la dipendenza da un solo Padre della Chiesa per la comprensione teologica. Il risultato fu come se l'Oriente avesse fatto affidamento su un solo Padre per l'insegnamento. Peggio ancora, gli scolastici presero anche e poi distorsero certe opinioni del beato Agostino, che non appartenevano alla mente comune della Chiesa del primo millennio, in particolare i suoi insegnamenti sulla grazia e la libertà. Dal momento che l'Occidente dipendeva così tanto dal beato Agostino, in realtà isolava se stesso dai Padri orientali, e anche da Padri occidentali come sant'Ambrogio, con il risultato di non essere in grado di vedere il punto di vista del beato Agostino in prospettiva. Questo a sua volta avrebbe prodotto ulteriori distorsioni nella teologia del Medioevo e poi quella della Riforma.
Entro la metà del XII secolo il movimento scolastico era in piena fioritura. L'espressione visibile della teologia scolastica, lo stile gotico, stava sostituendo quello romanico. Era chiaro che l'Occidente aveva intrapreso un corso separato di sviluppo religioso, lasciando l'Ortodossia all'Oriente. Certo non vorremmo far coincidere questa separazione con qualche singolo evento: è stato un processo lento. I contadini ignoranti dell'Occidente conservarono l'eredità ortodossa dell'Occidente per lunghi anni. Lo spirito della religione popolare continuò nello stesso modo. C'erano ancora persone che ne vivevano la teologia, l'esperienza religiosa. Nel XIV secolo in Inghilterra, scritti come "La nube della non conoscenza", indicano questo processo. Lo stesso può essere vero di Jan Hus in Boemia. In Inghilterra Wyclif scrisse: "Solo i greci sono fedeli a Cristo". Ci furono in seguito contatti tra l'Inghilterra e le Chiese ortodosse, nel XVII, XVIII e XIX secolo. Il vescovo Ken, il Non-Juror, scrisse: "Io muoio nella fede della Chiesa indivisa". Altri hanno adottato un atteggiamento simile e ci sono stati casi isolati di conversione, o meglio di ritorno alla fede ortodossa.
L'Ortodossia, in una forma o nell'altra, è emersa di tanto in tanto in vari paesi occidentali come una sorta di flusso di luce vitale, puramente spirituale. Nel complesso, tuttavia, la storia del secondo millennio del cristianesimo occidentale è stata la storia avvincente ma tragica della riduzione e frammentazione dell'Ortodossia. La storia dell'Occidente dopo il secolo undicesimo è la storia del trasferimento di energia, di fede e di impegno dal regno spirituale a quello caduto. L'Ortodossia cerca costantemente all'interno la risposta ai problemi del cristianesimo, mentre l'Occidente, a partire da questo periodo, ha reso esterno il suo essere spirituale, mettendo la sua forza nelle mani del suo essere temporale.
Alla luce di queste considerazioni, sembra che l'unico modo per uscire da questa impasse per un europeo occidentale sia l'adozione della fede cristiana ortodossa. È questa fede che si trova alle radici spirituali di tutti i popoli occidentali, e diventare un cristiano ortodosso per un occidentale significa diventare se stesso in modo più vero, diventando quello che i suoi antenati erano in un lontano passato, un confessore dell'Ortodossia. Il significato dell'Ortodossia nel contesto occidentale è la restaurazione, la ricostituzione della Chiesa, il reinserimento in essa, il ritorno a casa del figliol prodigo. Le radici spirituali d'Oriente e d'Occidente rappresentano lo stesso fine, lo stesso ideale - la fede ortodossa. L'Ortodossia in Occidente significa non solo l'unità con la Chiesa ortodossa, ma anche l'unità con una decina di secoli di tradizione cristiana occidentale. L'Ortodossia è al cuore del cristianesimo in Occidente, una volta che tutti gli strati di pregiudizio, ignoranza e illusione sono stati rimossi. Le nostre radici spirituali sono nell'Ortodossia, il ritorno alla più autentica e profonda tradizione cristiana.
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Settembre 1976 - dal libro di padre Andrew Phillips, Orthodox Christianity and the English Tradition (Il cristianesimo ortodosso e la tradizione inglese), pubblicato a Felixstowe da The Orthodox Trust nel 1997.

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