lunedì 14 marzo 2011

Dal sito:http://www.tradizione.oodegr.com/


La santità e la forza dell’Ortodossia

di M. D. Protic


 


Tutti i Cristiani ortodossi, membri della Chiesa del Cristo, Una, Santa, Cattolica (Sobornaja) ed Apostolica, celebrano la Domenica dell’Ortodossia come una festa la cui corona è il frutto di innumerevoli vittorie da essa conseguite.
Come festa la Domenica dell’Ortodossia fu istituita circa undici secoli or sono (842) in occasione della vittoria della Chiesa contro gli iconoclasti avversari della venerazione delle sante icone. L’istituzione di questa festa fu preceduta da una violenta lotta che durò più di un secolo, dopo la quale, come sino ad allora, l’Ortodossia continuò sino ad oggi e continuerà sino alla fine dei secoli ad alternare periodi di persecuzioni a vittorie. Infatti per la Chiesa del Cristo non c’è alcuna sconfitta né battaglia definitivamente perduta, secondo le parole del Dio-Uomo suo fondatore: “Edificherò la mia Chiesa e la potenza degli inferi non prevarrà su essa” (Matteo 16, 18).
Comunque sino all’editto dell’imperatrice Teodora e di suo figlio Michele III, che ristabiliva il culto delle immagini, patriarchi, vescovi, sacerdoti e molti confessori, i quali difendevano la Chiesa, ebbero a sopportare atroci sofferenze a difesa della Chiesa e fra questi vanno particolarmente menzionati san Giovanni Damasceno e sant’Andrea di Creta.
La storia della solennità della Domenica dell’Ortodossia invita i Cristiani a venerare le icone, venerazione che la Chiesa ha confermato nel VII Concilio ecumenico con la seguente professione di fede:
 
 
1.       Quando ci inchiniamo ed accendiamo ceri davanti alle icone, non preghiamo di fronte ad una tavola colorata, ma ci rivolgiamo a quelle figure che in essa sono rappresentate, poiché veneriamo le icone come oggetti sacri. Perciò nella nostra Chiesa ci sono icone miracolose, ma i miracoli non provengono da esse, ma bensì da quelle persone che sono rappresentate nelle icone. L’icona è una cosa divina, non divinizzata…
 
2.       Quelle cose che si richiamano l’un l’altra evidentemente si dimostrano reciprocamente. Perciò l’onore che si rende all’icona passa al suo prototipo, per cui coloro che venerano un’icona, venerano la persona che in essa è raffigurata. Infatti quanto più si vedono raffigurati nelle icone il Cristo, la Madre di Dio, gli Angeli ed i Santi, tanto più vivamente si risveglierà in noi il ricordo del loro prototipo, lo si amerà e gli si offrirà una venerazione razionale.
 
3.       Se non è peccato avere a casa l’immagine del proprio padre e quelle dei propri cari e  parlare per mezzo di esse con loro, perché dovrebbe essere peccato parlare e piangere ai piedi del Cristo misericordioso, della Madre di Dio e di tutti coloro la cui vita fu gradita a Dio e le cui fattezze sono dipinte sul legno o sul metallo o sul muro?
 
 
Così si espressero i 350 Santi Padri al VII Concilio Ecumenico del 787 e così pure san Sava, secondo le parole del suo biografo Domentian, raccomanda al popolo Serbo, al ritorno dall’oriente, da dove, oltre a preziose reliquie, portò in Serbia molte icone miracolose. “Inchiniamoci” – disse san Sava – “e baciamo la sacra immagine del Verbo di Dio… Chiniamoci davanti al legno della Croce, all’icona della Santissima Madre di Dio e dei Santi elevando i nostri occhi spirituali al primo modello. Questa è la nostra professione di fede riguardo alle icone e malediciamo tutti gli eretici e le loro dottrine accogliendo i sette concili ecumenici ed in particolare il settimo dei 350 Padri, che condannò coloro i quali non accettano le sacre immagini, non le raffigurano e non venerano”.
Tra le altre numerose conferme della santità e della forza dell’Ortodossia, oltre ai numerosi nostri Santi, alle reliquie incorrotte, ai luoghi ed agli oggetti sacri, va annoverata anche una santità visibile nella nostra iconografia Serba, specialmente nelle numerose sante e miracolose immagini, in particolare della Madre di Dio. È difficile che si trovi un figlio della Chiesa Serba che non conosca l’esistenza o che non si sia chinato di fronte all’icona miracolosa della Madre di Dio di Pec, di quella Cajnicka Krasnica, della Savinska, della Lepavinka, della Vilikoremetska Zastitnica, e non abbia sentito parlare dei loro innumerevoli miracoli e dell’aiuto offerto a molti che pregarono davanti ad esse, i quali le ornarono d’oro, d’argento e di pietre preziose. Ininterrottamente dall’antichità e specialmente negli ultimi anni in gruppi numerosi i fedeli si recano al Hilandar sull’Athos per venerare l’icona della Trojerucica, Igunija di quel monastero, icona che restituì la mano destra a san Giovanni Damasceno, amputatagli durante le lotte contro gli iconoclasti, e nello stesso tempo per richiedere la benedizione delle altre icone di Hilandar e della Santa Montagna.
I miracoli che si compiono per mezzo delle sante icone, si manifestano anche attraverso le reliquie incorrotte dei numerosi Santi della Chiesa Serba. “Non permetterò che il mio Santo veda la corruzione” (Salmo 15, 10), dice il Signore attraverso il Salmista. È difficile menzionare tutti i miracoli che si verificano nell’Ortodossia per effetto della santità delle icone e delle reliquie, per cui la nostra storia può considerarsi sacra. Perciò giustamente si può dire di essa, secondo il genio popolare: “Tutto è stato santo ed onesto e gradito al buon Dio”.

Da un articolo di M. D. Protic in “Pravoslavlje” del 15 febbraio 1977. Trad. A. S. in “Messaggero Ortodosso”, Roma, febbraio-marzo 1984 nn. 2-3, 1-3.

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