giovedì 3 marzo 2011

Dal sito: Faronotizie.it

IO NON FESTEGGIO
di Giuseppe Sola

Mi han detto che questa mia generazione ormai non crede
in ciò che spesso han mascherato con la fede
nei miti eterni della patria e dell’eroe …
(F. Guccini)
Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi
abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico:
Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il
titolo di Re d'Italia. Ordiniamo che la presente, munita del
Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del
Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Da Torino addì 17 marzo 1861

Questa è la proclamazione ufficiale del regno d’Italia, si può leggere nella
legge n. 4671 del regno di Sardegna.
Questa proclamazione ha rappresentato per tutti i meridionali una
condanna a morte. Per quelli che vissero quegli anni, e per noi che
abbiamo continuato a vivere in queste terre.
Non festeggerò i 150 anni dell’unità d’Italia perché fu una
colonizzazione, perché fu un’invasione armata, perché massacrarono
gente inerme che cercò di difendere la loro terra, perché distrusse una
delle più virtuose economie europee.
“Continuare a difendere, a festeggiare quest’Unità nei modi e nei metodi
in cui si è venuta a creare, non rende giustizia ai ragazzi e alle ragazze
“briganti” che sono morti per difendere il regno delle Due Sicilie
dall'invasione piemontese, quando si commisero efferati crimini di
guerra nei confronti dei meridionali, ancora secretati negli archivi di
stato.
Questa unità è stata a vantaggio solo del Nord, noi abbiamo solo pagato.
Dopo l’Unità si ebbe al Sud un peggioramento economico e sociale da
costringere milioni di meridionali a emigrare, quando nel regno delle Due
Sicilie non esisteva né disoccupazione, né emigrazione.”
“ In 150 anni le cose non sono cambiate la nostra classe dirigente
vendutasi al potere nordista ha contribuito a creare una società corrotta
e amorale. Che questa festa per i 150 anni di mala unità sia l'occasione
non per festeggiare ma per riflettere su com’è stata fatta quest’unità e
come ancora oggi il Mezzogiorno esiste in quanto colonia del Nord,
sfruttata, umiliata e vilipesa.”

“All’epoca dei fatti il regno delle due Sicilie era uno dei tre migliori
d’Europa, quello piemontese, uno dei peggiori.” I Borbone erano molto
più moderni dei Savoia. Erano pacifici e amministravano bene. Nel
precedente articolo (briganti) ho largamente parlato delle industrie che
nei vari settori vantavamo in Europa. I Savoia, raddoppiarono le tasse e
saccheggiarono il banco delle Due Sicilie per restituire ai francesi i soldi
avuti in prestito per fare guerre. Anche dal punto di vista culturale non
c'era paragone tra il Regno delle Due Sicilie e quello piemontese. Undici
milioni di studenti universitari nel regno delle due Sicilie, mentre nel
resto d'Italia ce ne erano soltanto cinque milioni. “Nel Regno si aprirono i
Grandi alberghi dei poveri, opifici in cui erano destinati i poveri, tolti dalla
strada e messi in condizione di lavorare. C’erano le strutture per
l'assistenza all'infanzia abbandonata cui si affidavano i bambini non
voluti conservando l'anonimato. Il Comune pagava gli alimenti dei
bambini fino a cinque anni per i maschi, dopodiché procurava loro un
lavoro, e indirizzava le ragazze ai conservatori..
Dopo la restaurazione, i Borbone perseguirono una vasta azione di tipo
sociale, ispirandosi al modello francese. La scuola primaria diventava
gratuita: non obbligatoria perché non si potevano costringere le famiglie
povere a privarsi delle braccia da lavoro. Nasceva un sistema di scuola
secondaria che prevedeva non solo licei e collegi per i dotti, ma anche
scuole professionali attorno alle nuove professioni emergenti,
diplomatici, militari etc. Era insomma un regno in perfetta consonanza
con l'Europa.”
Il Regno delle due Sicilie, possedeva un patrimonio di 443,3 milioni di
lire oro (il più alto tra tutti gli stati preunitari italiani e corrispondente al
65,7% di tutta la moneta circolante della penisola), seguito dallo Stato
Pontificio con 90,7, dal Granducato di Toscana con 85,3 e dal Regno di
Sardegna, con 27,1 milioni. Alla nascita dell'Italia unita, il regno
borbonico era lo Stato che portava minori debiti e più grande ricchezza
pubblica sotto tutte le forme. Un meridionalista, come Giustino
Fortunato, sostenne che questa grande abbondanza di liquidi,
l'inconsistente debito pubblico e la bassa pressione fiscale fossero
solamente una conseguenza dalla fin troppo esigua spesa pubblica dei
governi borbonici.
Tutto questo e altro è stato secretato da tutti i governi che si sono
succeduti dal 1861 in poi.
Dopo 150 anni, al danno la beffa in diretta TV da parte del più grande
comico italiano Benigni che nella serata sanremese, Pinocchio più che
mai, ha cercato di cambiare la storia. Cavour grazie al suo ruolo di primo
ministro del regno sabaudo diventò e morì ricchissimo. Sul piano delle
persecuzioni a chi aveva idee liberali, Il regno di Piemonte e Sardegna
non era secondo a nessuno. “Fecero perseguitare, arrestare, torturare e
condannare a morte il più alto numero di patrioti liberali (Mazzini
scampò alla morte, fuggendo). I Savoia divennero, solo dopo, per
esigenze politiche e soprattutto economiche, assertori delle dottrine
liberali; conversione avvenuta non tanto per unire il Nord con un Sud che
massimamente disprezzavano, bensì per unire le loro disastrate casse
con quelle piene del regno dei Borbone. L’Unità consentì, infatti, la
sopravvivenza della loro dinastia almeno fino al 1946.”
www.faronotizie.it 3
“Mameli e i suoi amici avevano vent’anni quando decisero di rischiare la
vita per testimoniare i loro nobili ideali, e pertanto meritano rispetto. Ma
in quella serata credo che meritassero più rispetto e pietà degli altri le
migliaia di giovani del Sud i quali, anch’essi, a vent’anni, per un’ideale,
altrettanto rispettabile, quale, quello di difendere la propria terra invasa
a tradimento, furono fucilati, senza processo, o deportati per trovare
morte nei tremendi lager allestiti, appositamente, dai Savoia in
Piemonte.”
“I giullari, i comici, notoriamente con le loro battute, raccontano verità
nascoste. Quella sera ha tradito l’antica missione, tutto il suo monologo
è stato dalla parte dei vincitori. Da un grande come lui mi aspettavo che
potesse divenire testimone dell’alto tributo di sofferenza pagato dal
Sud.”
A chi stima e ama Garibaldi, suggerisco di andare a leggere le severe
parole che pronunciò nella prima seduta del parlamento italiano il 17
marzo 1861. Esse furono parole accusatorie per i terribili avvenimenti
che erano intervenuti e che proseguivano nel martoriato Sud. Una vera e
propria guerra civile, dopo e a causa della sua conquista.
Il 17 marzo sarebbe più giusto non festeggiare, ma celebrare e
commemorare i morti di questa mala unità.

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